Trieste, l’Inps pretende 72mila euro dalla ragazza dalle ossa di vetro
TRIESTE Ossa di cristallo, carattere di ferro. La malattia che ha colpito la triestina Caterina Pellizzer si chiama osteogenesi imperfetta, una patologia genetica rara che crea problemi a carico dello scheletro e delle articolazioni. Una condizione, la sua, che l’ha costretta su una carrozzina, anche a seguito di una serie infinita di fratture alle ossa, rese fragilissime dall’insorgere della malattia, la stessa di cui soffriva il pianista di jazz Michel Petrucciani e il personaggio interpretato da Samuel Jackson nel film “Unbreakable. Il predestinato”.
La malattia ha ritardato l’accrescimento fisico di Caterina, oggi ventinovenne, ma non è riuscita a intaccare la sua voglia di vivere e il suo desiderio di realizzarsi. Madre natura, infatti, le ha donato una determinazione di ferro e genitori che non le hanno mai precluso alcuna strada, sostenendola in un percorso di crescita che le ha fatto raggiungere numerosi traguardi, fra i quali la laurea in Psicologia sociale ottenuta lo scorso anno a Bordeaux, in Francia.
Dove non ha potuto la malattia, ora rischia di arrivare l’Inps. Lo scorso marzo, infatti, l’Istituto nazionale di previdenza sociale di Trieste ha recapitato una missiva in via dell’Eremo, dove Caterina ha la residenza, nella quale la ragazza è stata informata che «le è stata corrisposta una prestazione di invalidità civile (del 100%, ndr) non spettante». Sottointeso: passi alla cassa e ci restituisca 72.185 euro e spiccioli. Alla lettera, datata primo marzo, è stato allegato un bollettino postale precompilato, da pagare «entro il 16 aprile 2016».
Tutto nasce dalla volontà della giovane triestina di crearsi un futuro e di farlo vedendo tutelate le proprie condizioni di salute. Fin da piccola, infatti, Caterina è stata presa in carico da una struttura ospedaliera parigina, dove opera il luminare Georges Finidori, specializzato nel trattamento di questa rara patologia.
Il filo che unisce l’Italia alla Francia, con il passare degli anni, si rinforza. Caterina decide di proseguire gli studi universitari nel Paese d’Oltralpe, «perchè è lì che sono sempre stata seguita, fin dall’infanzia, ed è lì che ho ricevuto le cure migliori che mi hanno permesso di raggiungere una condizione fisica buona per poter vivere».
La contestazione dell’Inps prende spunto proprio dal fatto che Caterina, a partire dal 2008, ha scelto la Francia come luogo di studio. Nel cuore dell’Europa, nel bel mezzo della generazione Erasmus, sembra essere questo il suo peccato capitale. «Sono italiana - sottolinea con convinzione - . La mia nazionalità e la mia residenza triestina non sono mai venute meno e la mia dimora in Francia è motivata da ragioni di studio e di cura. La mia presenza all’estero è sempre stata limitata al periodo necessario per seguire le lezioni e per dare continuità alle cure mediche iniziate in giovane età».
Caterina ha deciso di presentare ricorso amministrativo, chiedendo l’annullamento della revoca del trattamento pensionistico di cui è stata beneficiaria. Attualmente, infatti, il suo assegno di invalidità, pari a 800 euro mensili, le è stato sospeso.
«Tutto quello che sono riuscita a conquistare nella mia vita - racconta la ragazza - è stato frutto di un duro lavoro. A vent’anni mi sono chiesta: cosa voglio dalla vita? La risposta è stata semplice: tutto. Ho scelto un sistema universitario che mi ha permesso di studiare e di curarmi nel migliore dei modi. Tutto questo ha avuto un costo e senza gli aiuti economici non sarebbe stato possibile».
Il provvedimento dell’Inps, secondo la giovane triestina, «assume un carattere discriminatorio rispetto al diritto di libera circolazione degli studenti cittadini europei che possono mantenere residenza nello Stato membro di provenienza e avere mero domicilio nello Stato membro scelto per la frequenza degli studi».
Caterina non è intenzionata a pagare per aver scelto la libertà di autodeterminare la propria esistenza: «Sono incazzata perché ancora una volta la società contemporanea, che vorrebbe essere aperta, non accetta il fatto che una donna possa scegliere liberamente cosa fare della propria vita. Forse dovevo rimanere a casa di mamma e papà a fare il vegetale e a piangermi addosso? Secondo l’Inps, in questo caso, avrei avuto più legittimità a ricevere i soldi di cui ho pieno diritto perché ho una malattia rara e non cammino?».
Una cosa è certa. Caterina non è una che si arrende difronte alle difficoltà. «Non ho paura del futuro. So che alla fine vincerò».
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