Trieste, l’idea del “pigliatutto” Ritossa: «Hotel e spa sotto San Giusto»

L’imprenditore è stato tra i primi in Italia a investire nelle case di riposo, poi ha diversificato nell’immobiliare, nei locali, nella birra. Nel 2020 fatturerà 130 milioni

TRIESTE «Ai manager dei fondi milanesi mi presento come un ragazzo dell’Est». E si fa una risata mentre rientra in auto proprio dalla metropoli lombarda. Per lungo tempo ha lavorato sotto traccia, poi negli ultimi anni una sequenza di operazioni lo ha fatto venire allo scoperto. «Malvolentieri», dice. Gabriele Ritossa, 47 anni, due figli, imprenditore nel ramo delle case di riposo e nel settore edile-immobiliare, quartier generale a Tavagnacco, è figlio d’arte: il padre Angelo lavorava nell’abbigliamento, quando Borgo Teresiano non era ancora cinesizzato, ed era esponente della Dc.

Pur avendo avuto le spalle coperte, Gabriele Ritossa si ritiene un self-made-man: terza media, da giovane sei mesi all’anno a dedicarsi a speleo e parete, gli altri sei mesi a fare i cosiddetti disgaggi, piantando le reti nelle strade. Adesso è a capo di un impero che nel 2020 fatturerà più di 130 milioni, di cui due terzi dalle case di riposo, e dà lavoro a quasi 1500 persone.

Cominciamo dall’ultimo capitolo, cioè dall’acquisto dell’ex atelier dello scultore di Nino Spagnoli in via dell’Ospitale.

Ero già proprietario del confinante ex Distretto militare, così ho pensato che, unendo i due antichi edifici, si possa realizzare un hotel o un aparthotel, dotato di una “spa” sotterranea da 1500 mq, di una terrazza panoramica con piscina, bar, ristorante. Ne parlerò a breve con l’amministrazione comunale.

Quindi, Trieste è un fronte in movimento.

Assolutamente sì. Credo alla Trieste turistica e immobiliare, anche i fondi milanesi ci credono e hanno voglia di investirvi. L’acquisto, insieme a due imprenditori (Pedone e Diasparra), di due asset come l’ex Filodrammatico e l’ex torre Telecom al Giulia dimostra la serietà dei miei programmi: operazioni che insieme cubano 20 milioni di euro.

E non c’è solo il mattone.

A Trieste abbiamo rilevato i locali ex Nicotra e abbiamo la maggioranza del Birrificio Cittavecchia, che rifornisce anche la catena Old Wild West. In varie località del Nord Italia la finanziaria Sarafin possiede ristoranti, immobili, gelaterie, cinema ...

Ma tutto questo ha una matrice: le case di riposo.

Ho aperta la prima a Trieste una trentina d’anni fa, quasi per caso. Pensi alla strana nascita di un interesse imprenditoriale: la fidanzata di allora mi chiede se voglio accompagnarla a salutare la nonna degente in una struttura protetta. La accompagno e, una volta dentro la casa di riposo, colgo l’occasione per visitarla. Mi convinco di tentare: faccio due ragionamenti e due conti, ne parlo con mio padre che accoglie l’idea - per usare un eufemismo - con forte perplessità, anche se poi mi diede una mano.

Quel casuale interesse ebbe più consistenti evoluzioni.

Il primo investimento “industriale” nel settore avvenne a circa 600 chilometri di distanza nelle Marche, dove forte era la richiesta delle famiglie: era il 1992 ad Ancona. Anche in questo decollo marchigiano niente di programmato: semplicemente facevo il militare a Macerata. E da allora l’attività si allargò a gran parte dell’Italia centro-settentrionale: Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana ...

E Friuli Venezia Giulia.

In Friuli, con molti debiti, il gruppo Zaffiro costruì 7 case di riposo per 700 posti, edificando 35.000 metri quadrati. Credo che il segreto dei buoni risultati sia stato - in controtendenza - internalizzare i servizi: dalle cucine alle pulizie personale nostro, non cooperative. Qualità del servizio, attenzione alle persone.

Tutto da solo?

Beh no, fino al 2016 ho avuto due soci, Riccardo Del Sabato e la famiglia Bardelli. Con Giorgio Del Sabato, padre di Riccardo, un rapporto splendido. Ma le spiego le ultime mosse vincenti. Mi piace occuparmi di finanza e ho ceduto l’operatività delle case di riposo a un grande gruppo quotato, la Mittel, mantenendo la proprietà immobiliare. Risultato: Zaffiro ha triplicato i ricavi.

Infine il colpo di scena che le consente una notevole provvista di liquidità.

Avevo 12 strutture in via di costruzione per un totale di 4500 posti letto. Nel giugno dello scorso anno, prima di completarle, le ho vendute al fondo Primonial al servizio di casse pensionistiche francesi:ho incassato 200 milioni ene ho preso in affitto le strutture. Ne hanno scritto i giornali specializzati e questo ha creato - detto francamente - una pubblicità che non ho cercato. —


 

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