Trieste, le falle della sorveglianza dove “riposano” i defunti
TRIESTE Le voci provengono da poco più in là, dalle sale dove si espongono le bare prima della cerimonia del sacerdote. Parenti e familiari che arrivano alla spicciolata, di continuo, per dare l'ultimo saluto ai propri cari. Ma nessuno sa cos'è l'obitorio di via Costalunga. Nessuno sa che i sotterranei in cui sono conservati i cadaveri in fila, o nelle celle frigorifere, sono pericolosamente accessibili a tutti. Non occorre travestirsi da becchini per entrare. Può andare chiunque.
Non ci sono controlli per quanto l'intera struttura sia dotata di telecamere a circuito chiuso. È un'enorme falla nei sistemi di sorveglianza, di sicurezza e di igiene del cimitero di Sant'Anna, gestito dall'AcegasApsAmga, che viene a galla nei giorni del clamoroso caso dello scambio di cadaveri all'obitorio.
L'ingresso che conduce ai sotterranei è nel corridoio principale, a fianco della bacheca, esattamente di fronte all'infopoint. Ma sabato scorso, intorno alle 13 e 15, non c'era alcun addetto a vigilare. Sul portone, certo, è appeso un cartello con scritto “vietato l'accesso”; ma è una sorta di proforma, par di capire. Perché basta spingere il grande maniglione, percorrere un varco di una decina di metri, scendere le scale a destra e trovarsi in un lungo corridoio. Non si incontra nessuno. Non c'è anima viva, verrebbe da dire. È il passaggio che porta proprio nella sala in cui sono ordinate le salme. È ampia ed è aperta. Ci si può muovere liberamente in quel corridoio. Da là si scorgono bare, barelle e cadaveri. Chiunque potrebbe introdursi ed aggirarsi senza troppi problemi tra i corpi.
Sulla sinistra, in una stanza più piccola, c'è un addetto. Ha lunghi guanti alle mani, sta vestendo un defunto. «Qui non si può stare», dice. Ma non è un dipendente dell'Acegas, bensì un operatore di una ditta di onoranze funebri. Se fosse stato voltato dall'altra parte, ad esempio, non si sarebbe nemmeno reso conto della presenza di un estraneo.
La facilità con cui si scende giù in obitorio è solo uno dei problemi della struttura. Le società di pompe funebri devono fare i conti, ogni giorno, con svariate inadeguatezze strutturali e igieniche. Manca, ad esempio, un impianto di aereazione per consentire al personale di lavorare senza respirare gli odori delle salme, compresa la formalina che talvolta viene utilizzata per evitare i processi di decomposizione.
Le ditte (sono cinque in tutto a Trieste) inoltre non dispongono di zone adeguate dove preparare e vestire i defunti prima dei funerali. Ne arriva una ventina al giorno. I rubinetti, raccontano gli stessi operatori, funzionano con i pomelli e non a pedale. «Prima tocchi un corpo e poi il rubinetto», mormora uno del personale. AcegasApsAmga ne è pienamente consapevole. E ha già avviato un'indagine interna per capire come mai nessuno controlli gli accessi. Come è possibile che da quel portone si possa aggirare chiunque? Un caso isolato a sabato scorso o è sempre così? Perché non c'era nessuno a vigilare?
«Si è trattato di un fatto episodico che sarà verificato e potrebbe essere oggetto di provvedimenti - dicono dalla multiutility -. Evidentemente in quella giornata, in quel preciso momento, si è trattato di una falla - ammette l'ufficio stampa dell’azienda - comunque i problemi sollevati dalle ditte esistono, soprattutto per quanto riguarda gli spazi a disposizione per gli addetti».
L’ex municipalizzata rende noto che da diversi mesi è al vaglio dell’amministrazione comunale un progetto di riqualificazione dell'intera struttura. Un progetto che dovrebbe introdurre anche un nuovo sistema per la tracciabilità delle salme ed evitare casi come quello di questi giorni, il clamoroso scambio delle salme di due donne - Vera Vidali e Nivea Vidali - avvenuto all’interno dell’obitorio.
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