Trieste, l’Authority non deve un cent a Greensisam
TRIESTE Erano undici i milioni che Greensisam aveva chiesto all’Autorità portuale come risarcimento danni, il Tar a novembre 2014 aveva stabilito che la cifra doveva fermarsi a un milione e 700mila. Neanche un euro è stato invece il responso definitivo da parte del Consiglio di Stato reso noto nei giorni scorsi.
Greensisam è la società costituita da Pierluigi Maneschi (tra l’altro presidente di Italia Marittima e terminalista del Molo Settimo) che nell’ormai lontanissimo 2001 aveva ottenuto in concessione per novant’anni i primi cinque Magazzini del Porto vecchio e le aree annesse, ma dove i lavori di riqualificazione non sono mai partiti.
La causa era stata intentata sia contro l’Authority che contro il Comune per il mancato rilascio del permesso a costruire che è stato infine emesso autonomamente dall’amministrazione comunale appena il 31 luglio 2014. Già i giudici di primo grado avevano scagionato il Comune, il Consiglio di Stato ha sollevato da qualsiasi responsabilità anche l’Autorità portuale ordinando soltanto che vengano compensate tra le parti le spese di giudizio.
Contro la sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia aveva fatto appello anche Greensisam chiedendo che fosse ampiamente rimpinguata la somma di 1,7 milioni. Questo appello però a Roma è stato respinto mentre come detto è stato accolto quello dell’Authority.
La società di Maneschi aveva insistito sul fatto che la Conferenza dei servizi che si era costituita a seguito della concessione ottenuta avesse dovuto concludersi con il rilascio del permesso a costruire. «Non risponde al vero - sottolinea ora il Consiglio di Stato - che l’Autorità portuale si era obbligata al rilascio, mercé la Conferenza di servizi, di una “autorizzazione unica».
E ancora: «Era contrattualmente stabilito soltanto che la Conferenza dovesse servire all’approvazione del progetto definitivo delle opere». Più avanti la sentenza rileva che «va ascritto invece a scelta della società odierna appellata (Greensisam, ndr) l’aver seguitato a insistere con l’Autorità portuale affinché ponesse in essere attività ulteriori non previste dalla convenzione, intese all’acquisizione del titolo ad aedificandum e dei connessi pareri di compatibilità, piuttosto che attivarsi presso le autorità all’uopo preposte (Comune di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia e Soprintendenza per i Beni culturali e paesaggistici) perché esercitassero le rispettive competenze».
Ma le responsabilità, come illustra più avanti la stessa sentenza, per un danno che comunque esiste («non si vuole affatto negare che la società concessionaria possa aver derivato un pregiudizio dall’enorme ritardo nel rilascio di atti e provvedimenti amministrativi indispensabili all’effettivo avvio dei lavori») non possono venir ascritte nemmeno all’amministrazione comunale.
«Quanto al Comune di Trieste - scrivono i giudici - può rilevarsi innanzitutto che il ritardo nell’esercizio delle relative competenze dipese in primo luogo dal non essersi la concessionaria tempestivamente attivata per sollecitarlo dopo l’approvazione del progetto definitivo da parte della Conferenza dei servizi avendo essa ritenuto di attendere ulteriori (e non dovuti) adempimenti dell’Autorità portuale».
La concessione rilasciata a Greensisam prevedeva per i primi cinque anni un canone provvisorio di 60mila euro all'anno più un canone ricognitorio di 296 euro all'anno. A far data dal sesto anno viene invece stabilito un canone ordinario di 427mila 934,63 euro all'anno. In base a quanto era stato stabilito dal Tar, l'Autorità portuale avrebbe dovuto restituire alla società concessionaria, scalandolo dal canone degli anni successivi, un milione e 700mila euro: tutto cancellato dal Consiglio di Stato.
Nel frattempo i magazzini stanno passando dal Demanio dello Stato a quello del Comune e Maneschi ha annunciato di aver avviato trattative con un gruppo europeo per la vendita della maggioranza di Greensisam.
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