Trieste, lascia lo storico patron. “Città di Cherso” chiuso in attesa di nuovi gestori
Il titolare Baruzza se ne va dopo 27 anni e ha già venduto i muri, acquistati da una proprietà che ora sta cercando un inquilino
Il cartello “Affittasi” sulle vetrine del ristorante Città di Cherso (Foto Lasorte)
TRIESTE Il maxi cartello è apparso nei giorni scorsi, sul portone del locale. “Affittasi”, a grandi lettere. Ma già a luglio il proprietario Bruno Baruzza aveva salutato i clienti dello storico ristorante “Città di Cherso”. L’aveva fatto anche con un post su Facebook: «Con un occhio piangente e un occhio ridente – si legge – ho ceduto il ristorante dopo 27 anni e ho raggiunto l’età pensionabile. Sono stati anni gratificanti e a volte difficili. Vorrei ringraziare tutti. Chi mi ha sostenuto ed è stato un affezionato cliente, ma anche chi è passato di qua solo qualche volta. È stato sempre un piacere ricevervi. Con affetto. Bruno e collaboratori».
Il titolare Bruno Baruzza (primo a sinistra) con lo staff
Un saluto virtuale rivolto a tutti, con poche parole. «Perché – spiega – mi sarebbe venuto da piangere, se avessi fatto una sorta di festa di addio, a prescindere dalle misure che comunque erano in atto tra mascherine e spazi limitati. Forse mi sono un po’ pentito di non aver organizzato nulla. Sarebbe stata, però, una giornata difficile, molto triste. Non è finito un business, ma un pezzo di me, si è chiusa una parentesi di vita importante».
Tanti i triestini legati al locale, tra pranzi e cene “consuete”, oltre a turisti e a molti vip di passaggio.
«I ricordi – aggiunge Baruzza – sono davvero tanti. Ad esempio le serate che qui trascorrevano i gruppi di amici, e alcuni momenti in particolare come il Capodanno o il Natale, quando i clienti affezionati prenotavano tanti mesi prima, per assicurarsi il solito posto. E poi i personaggi famosi, la lista è così lunga che non li ricordo tutti, grandi attori come Mastroianni e Gassman, cantanti d’opera e altri volti noti. Ma faceva piacere – sottolinea Bruno – incontrare anche persone con un legame profondo con il locale. Un giorno, anni fa, è arrivata una coppia che da noi ha festeggiato le nozze d’oro, e mi ha raccontato di aver partecipato all’inaugurazione del ristorante, non si ricordavano se nel 1920 o nel 1921. Comunque è chiaro – aggiunge Baruzza – che si tratta di un pezzo di storia della città».
A spingere nella decisione di chiudere è stato anche lo stop del lockdown: «L’ho visto un po’ come un segno del destino. Il momento giusto per chiudere. Ho riaperto il 18 maggio, appena è stato possibile farlo, in una situazione di calma, con poca gente, che temeva ancora di uscire. Poi a luglio è arrivata la scelta definitiva, quella di vendere i muri, lasciare tutto e godermi la pensione. Certo mi manca la routine, il contatto con le persone, ma era giusto farlo ora».
Il locale è già stato acquistato da una nuova proprietà nei mesi scorsi, che cerca un “inquilino”, attraverso l’agenzia immobiliare Calcara. «È un ristorante storico e molto bello – spiega il titolare dell’agenzia Giorgio Calcara – ed è attrezzato, pronto subito. Dentro ci sono ancora gli arredi, che per qualcuno possono magari rappresentare un valore aggiunto. Certo dipende sempre dalla destinazione finale, dalla tipologia di locale che si vuole creare».
«A mio parere – conclude Baruzza – potrebbe tornare a essere di nuovo un ristorante di pesce, com’era il nostro. Sono rimasti in pochi in città così, e la cucina tradizionale credo sia sicuramente una buona idea».—
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