Trieste, l’«arbitro» Furlanic allontana Rosolen e il Pdl
TRIESTE Il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic stoppa il passaggio di Alessia Rosolen al Pdl. Per il numero uno dell’aula la richiesta avanzata dall’esponente di Un’Altra Trieste è carta straccia. Il motivo: il documento di Rosolen riportava in calce la firma del “capogruppo” Paolo Rovis, il consigliere di Ncd in carica con quel ruolo fino al 17 aprile, giorno del blitz di Lorenzo Giorgi subentrato all’incarico. È Fulanic, dalla sua posizione super partes, a chiarire: «Per quanto mi riguarda il capogruppo del Pdl non è più Rovis ma Giorgi, così come risulta da una comunicazione sottoscritta da due dei tre componenti del gruppo, cioè Manuela Declich e Giorgi stesso. Quindi la domanda della consigliera non è valida. Ho già chiarito la questione con il segretario generale del Comune. Se poi emerge che l’elezione non è ritenuta regolare perché, come si obietta, a Rovis non è stata data la possibilità di esprimere il proprio voto, allora si può rimettere in discussione la questione. Ma ora fa fede quando mi è stato indicato».
Un nodo che ritornerà lunedì in una riunione di gruppo (e forse anche in quella dei capigruppo) e che sembra tutt’altro che risolto. Anzi, potrebbe avere strascichi sui futuri equilibri in vista delle comunali del 2016. La mossa di Rosolen avrebbe effetti sui contrappesi nel centrodestra: entrando nel Pdl l’ex assessore regionale al Lavoro appoggerebbe il ritorno di Rovis, un Ncd, al comando della squadra, indebolendo la corrente berlusconiana rappresentata da Giorgi e Declich anche in considerazione del fatto che in Comune esiste già un gruppo forzista, guidato da Everest Bertoli. Se a ciò si aggiunge che chi detiene lo scettro di capogruppo decide la distribuzione nelle commissioni (con il conseguente guadagno, oltre che in termini di rappresentanza, in gettoni), si può cogliere la logica dello scontro.
Uno che non coglie affatto, al quale anzi proprio non importa nulla dei bisticci a Palazzo Cheba, è il probabile candidato anti Cosolini nel 2016: Roberto Dipiazza: «Io sto lavorando per la ricomposizione del centrodestra, questi fatti non fanno parte del percorso che sto facendo». Ma mentre Dipiazza viaggia per la sua strada, i presunti alleati spargono veleno. «Lunedì – conferma Giorgi – riuniamo il gruppo per chiarire la situazione ma senza Rosolen perché non ne fa parte. Se mi viene richiesto di rivotare il capogruppo lo faremo, come da prassi. Comunque ricordo che Rovis si era autonominato capogruppo Pdl. E da quando sono entrato in Comune si è sempre rifiutato di inserirmi nelle commissioni, oltre a non aver mai convocato un riunione, nemmeno per discutere gli emendamenti. Per questi due motivi gli abbiamo tolto il posto, perché il rapporto fiduciario è venuto a mancare». D’accordo Declich: «La mossa di Rosolen è ridicola e divide, che immagine dà agli elettori?».
Ma l’ex assessore regionale non si scompone: «Ho sollevato un problema politico di un centrodestra che, escludendo Rovis, come aveva fatto con me in passato, non dà dignità a tutti i componenti. Così non va da nessuna parte». Il diretto interessato le dà man forte. «Rosolen intende dare un segnale positivo – osserva proprio Rovis – questo è il senso di una iniziativa sulla quale abbiamo lavorato insieme, ritenendo nostro dovere dare un contributo per chiudere una lunga stagione di litigi». Ma i berlusconiani non vedono alcun ramoscello d’ulivo e vanno all’attacco. «Siamo davanti a situazioni create per salvare poltrone e far saltare l’unione nel centrodestra» afferma Piero Camber. Picchia ancor più duro Bertoli: «Se Alessia chiede di aderire al Pdl questa è la conferma delle scelte fallimentari di Un’Altra Trieste che spianarono la strada a Cosolini nel 2011 e a Serracchiani nel 2013».
Bruno Marini, in verità, bacchetta anche Pdl e Fi: «Quella di Rosolen è una manovra strumentale e comunque anche il Pdl sbaglia a voler estromettere Rovis. Mi piacerebbe che tutti i consiglieri che fanno capo a Fi formassero un unico gruppo, ma nel partito a Trieste manca una guida».
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