Trieste. Lancio dello sperma in carcere: è per mettere incinte le detenute
Una gravidanza per uscire dal Coroneo, uno dei pochi penitenziari italiani dove sezione femminile e maschile sono ospitate nello stesso edificio. Lo scambio avviene durante l'ora d'aria: gli uomini dalle finestre lanciano il liquido seminale, racchiuso in un guanto, alle donne. Il direttore del carcere ha inviato una segnalazione alla Procura: "Esiste il pericolo di infezioni"
TRIESTE. Cercano di rimanere incinte pur di uscire dal carcere. È quanto è accaduto al Coroneo, uno dei pochi istituti penitenziari in Italia dove la sezione femminile e quella maschile sono ospitate nello stesso edificio. Le detenute hanno messo a punto un curioso stratagemma per tentare di diventare mamme. Del caso, tenuto nascosto per mesi, stati informati la Procura della Repubblica e il Tribunale di Sorveglianza di Trieste.
La segnalazione inoltrata dall'amministrazione penitenziaria racconta di come le recluse nella casa circondariale triestina abbiano tentato più volte di introdurre nel loro corpo il liquido seminale di altri detenuti sperando di restare incinte e di uscire quindi dal Coroneo usufruendo delle misure alternative alla detenzione riservate alle donne in attesa di un bambino. «Sono rimasto incredulo di fronte a un simile stratagemma», ammette alla fine Enrico Sbriglia, direttore del carcere attualmente in aspettativa elettorale. «Dopo essermi consultato anche con alcuni medici ho ritenuto doveroso segnalare quanto accadeva - visti anche i rischi di trasmissione di malattie - per tutelare la salute di queste donne».
Lo scambio si concretizza durante l'ora d'aria. Tra uomini e donne all'interno del Coroneo non avvengono mai contatti diretti. Possono però comunicare dalle finestre che si affacciano sullo stesso cortile. Cortile al quale, in orari diversi, hanno accesso sia le detenute che i detenuti. Due punti di contatto che non sono passati inosservati alle ingegnose recluse che, mettendo a punto un sistema a dir poco diabolico, hanno tentato più volte di praticare una "casereccia" inseminazione artificiale.
Il piano funziona così: dalle finestre delle celle, da dietro le sbarre, la detenuta con inequivocabili gesti avanza la richiesta a questo o quel detenuto scelto con chissà quali criteri di complicità: significa che lei nel giro di pochi minuti, assieme alle compagne di sezione, verrà portata in cortile. Poi qualcuno, con un urlo o con un'imprecazione, distrae gli agenti della polizia penitenziaria incaricati di sorvegliare quanto accade in cortile. Ed è in quel preciso istante che il recluso getta dalla finestra un guanto al cui interno è contenuto il liquido seminale. In alcuni casi i reclusi hanno anche tentato di passare alle donne gli involucri calandoli dalle finestre e utilizzando dei sottili fili di tessuto recuperati nel laboratorio dove si tengono anche le lezioni di taglio, cucito e maglieria. La donna che aspetta la “donazione” a quel punto intercetta il pacchetto e chiede di andare in bagno accampando un’urgenza, o tenta di nascondersi in un luogo appartato.
Ed è stato quel fuggi fuggi, quel chiedere con urgenza di andare in bagno che ha inizialmente insospettito le guardie penitenziarie. Non avendo a disposizione dei preservativi - in carcere sono vietate la distribuzione e l'introduzione di profilattici - i reclusi si sono ingegnati inserendo il liquido seminale in sacchettini ricavati dalle dita dei guanti in lattice. Gli stessi guanti utilizzati all'interno della lavanderia o della cucina del Coroneo per proteggere le mani dai detersivi. Le donne, a loro volta, per introdurre il materiale organico nel loro corpo si sarebbero servite di cannule trasparenti ricavate smontando penne tipo "Bic", utilizzate poi a mo’ di siringa. Tempo fa in una cella alcuni agenti hanno anche trovato un dettagliato vademecum redatto da una detenuta che, minuziosamente, trascriveva di volta in volta gli esperimenti.
Sbriglia spiega che per ora nessuna detenuta risulta mai essere rimasta incinta e assicura che l'attenzione degli agenti penitenziari su questo fronte ora è estremamente alta. «Abbiamo proposto di collocare delle grate a maglie fitte sulle finestre, tipo zanzariere proprio allo scopo di evitare questi lanci - riferisce il direttore - ma vuoi per mancanza di fondi, vuoi perché alcune disposizioni non lo consentono, la proposta non è stata accettata e il problema non è stato risolto».
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