Trieste: l’agonia della torre tra il mare e il Carso FOTO

DUINO AURISINA. «Salviamo la vedetta Liburnia». Questo l’appello che arriva dall’ingegner Aldo Innocente, ex presidente del Cai di Fiume, sezione che, esattamente 30 anni fa, portò a termine i lavori di ristrutturazione di quella che, originariamente, era la torre piezometrica di Aurisina, e poi, una volta andata in disuso, fu trasformata con quell’intervento in magnifico punto dal quale ammirare il golfo e la città.
Peccato che, da anni, dopo un felice periodo di splendore, caratterizzato dalle visite di migliaia di turisti e di triestini, la costruzione sia chiusa, incustodita, soggetta alle intemperie e alla scelleratezza dei vandali di passaggio, pericolante in alcune parti.
«Da quando è venuto a mancare, oramai da anni, il custode - racconta Innocente - che era un volontario appassionato di queste cose, e garantiva quotidianamente l’apertura e la chiusura del cancello di accesso, in quanto abitava a poche centinaia di metri dalla torre, nessuno si è più interessato a questa costruzione. Ed è un peccato - sottolinea - perché si tratta di manufatto di grande valore storico».
Fu realizzata fra il 1854 e il 1856, per svolgere una funzione molto importante, quella di garantire sufficiente pressione all’acqua che doveva servire la stazione ferroviaria di Aurisina, all’epoca fondamentale punto di snodo della linea “Meridionale” e attraversata da locomotive a vapore. Alta 18 metri e posta a ben 178 metri sopra il livello del mare, la torre aveva una tale potenza, garantita dalle acque del sottosuolo carsico, da poter erogare acqua non solo alla stazione, ma anche all’acquedotto di Trieste e a quello di Aurisina.
La firma in calce al progetto per la sua realizzazione è di prestigio assoluto, quella di Carl Junker, l’architetto viennese che progettò anche il castello di Miramare. Ancor oggi si staglia con il suo stile classico, che i tecnici definiscono “gotico quadrato”, sul ciglione carsico, poche centinaia di metri più su rispetto all’abitato di Aurisina. Ma è inagibile.
Su di essa fra l’altro si intrecciano molte competenze: il territorio sul quale sorge è del Comune di Trieste, perché siamo a pochi metri dal confine con quello di Duino Aurisina, la torre però è inserita nel cosiddetto Catasto dei beni strumentali per il servizio idrico dell’AcegasApsAmga.
Inoltre la gestione fu affidata, nel 1985, al Cai di Fiume che, dopo la morte del custode, la restituì all’amministrazione di piazza dell’Unità d’Italia. Il risultato è quello della desolazione attorno a un bene che potrebbe rappresentare invece un elemento di forte interesse turistico.
«Ricordo con nostalgia quel 27 ottobre del 1985 - spiega Innocente - giornata nella quale, per celebrare i cent’anni di vita della sezione di Fiume del Cai, scegliemmo l’inaugurazione della vedetta Liburnia, nuovo nome della vecchia torre piezometrica, come evento simbolo. Fu l’allora Cassa di risparmio di Trieste, presieduta da Aldo Terpin - sottolinea l’ingegnere - a finanziare interamente l’opera, donando una ventina di milioni di lire. Vennero anche gli alpini, che diedero da mangiare a più di mezzo migliaio di ospiti, arrivati fin lassù a piedi, perché ancor oggi l’ultimo tratto è un sentiero nel bosco».
Attualmente, mancando le necessarie indicazioni, per trovarla bisogna rivolgersi a coloro che abitano nelle case poste lungo la salita che porta alla vedetta, vicino al parcheggio del campo di calcio. Ma una volta arrivati sul posto, bisogna fermarsi davanti alla rete di recinzione e a un cancello inesorabilmente chiuso.
«Il nostro ultimo atto, qualche anno fa - conclude Innocente - è stato quello di mettere la torre sotto i vincoli della Soprintendenza, per garantirne l’integrità architettonica”. Il futuro della vedetta Liburnia è invece avvolto nel buio totale e, viste le difficoltà di bilancio in cui versano gli enti locali, è difficile anche solo immaginarne uno.
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