Trieste, ladro seriale di smartphone incastrato dal gps della “app”
TRIESTE L’hanno preso grazie a un’applicazione del cellulare, altrimenti l’avrebbe fatta ancora franca. Non era un ladruncolo qualsiasi, bensì un criminale che per ottenere quello che voleva picchiava senza pietà. Dovrà rispondere di tutto questo il quarantaseienne di origini kosovare (L. H., queste le iniziali rese note dalla Questura), residente a Trieste, catturato dalla Polizia l’anno scorso dopo una serie di furti messi a segno in giro per la città. E sempre di telefonini.
L’uomo, giudicato in rito abbreviato e difeso dall’avvocato Stefano Briscik, comparirà oggi davanti al giudice Laura Barresi per la sentenza. L’ultimo suo colpo è andato decisamente male: non ha pensato che la tecnologia, quella di cui evidentemente era così appassionato ed esperto, potesse metterlo nei guai.
È fine luglio dell’anno scorso quando lo straniero decide di andare a fare quattro passi a Barcola e non di certo per prendere sole. Il lungomare, come ovvio nel periodo estivo, è pieno di gente. E tanti, talvolta, non si curano troppo dei propri oggetti personali, che spesso restano incustoditi. Il quarantaseienne questo lo sa: è lì per questo. Si posiziona e inizia guardarsi attorno per cercare la propria preda.
A un certo punto, dopo qualche minuto, nota un quarantenne che si alza per andare a prendere un gelato lasciando lo zaino vicino all’asciugamani. L’occasione è ghiotta, il criminale non se la lascia sfuggire. Si accerta di non essere osservato, accelera il passo, si china e agguanta la borsa. Poi se la dà a gambe prendendo la strada verso Trieste. Quando il malcapitato torna al proprio posto per distendersi in riva al mare, si accorge del furto. Allarga le braccia, basito. Non sa che fare. Il quarantenne, sgomento, si accosta alle persone più vicine per domandare se qualcuno, chissà, magari ha visto qualcosa. Ma niente.
Nello zaino, oltre al portafogli con 10 euro dentro, due caricabatterie e un orologio. E pure un cellulare. Un Samsung S6. Proprio quello che cercava lo straniero. Ma il quarantenne ha installato un’app che consente di rintracciare il dispositivo. Ritrovarlo, per lui, è un attimo: lo smartphone è localizzato in un bar di via Ghega. In centro. Ma la vittima fa di più: chiama la Polizia, non va da solo: è con gli agenti che si presenta nel locale. Il ladro viene facilmente individuato e nella perquisizione spunta il telefonino sottratto. La prova delle prove è il pin che la polizia domanda di digitare a entrambi. Il kosovaro, naturalmente, non conosce il codice. Il legittimo proprietario sì.
La Polizia incastra così il ladro. Un ladro seriale. Perché i successivi accertamenti permettono di scoprire dell’altro: l’uomo è lo stesso che una decina di giorni prima si era introdotto in un appartamento (a quanto è dato sapere un alloggio in cui era ospite) e aveva picchiato una donna per derubarla: bottino, stavolta, un Samsung Galaxy J3. La vittima era stata pestata selvaggiamente con un calcio in faccia.
Ma il kosovaro è ritenuto anche l’autore del furto di un tablet in un mercatino. Il quarantaseienne, secondo quanto portato a galla nell’inchiesta giudiziaria, è sospettato anche di altri colpi simili che si sono verificati nei mesi precedenti. Il fascicolo d’indagine è nelle mani del pubblico ministero Maddalena Chergia. Domani, come detto, la sentenza dal giudice Barresi. –
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