Trieste, l'accusa: «Fiore uccise il tassista: merita 16 anni»
TRIESTE Sedici anni di reclusione per un indagato di omicidio che è libero e gira tranquillamente in città. È questa la condanna che ha chiesto il pm Lucia Baldovin per Antonio Fiore, 43 anni, ritenuto il secondo responsabile dell’omicidio del tassista Bruno Giraldi (avvenuto nel novembre del 2003) per il quale è stato già condannato a 18 anni Fabio Buosi, il quale ha pure già espiato la pena.
Assenti dall’aula lo stesso Fiore ma anche - se non per pochi minuti - il pm Federico Frezza, l’altro magistrato titolare del fascicolo. Si è presenato in aula all’inizio dell’udienza e poi è subito tornato nel suo ufficio.
Baldovin ha chiesto la condanna di Antonio Fiore al termine della requisitoria del processo-bis celebrato con rito abbreviato davanti al giudice Giorgio Nicoli tenendo sostanzialmente conto degli unici due elementi emersi nel corso dell’istruttoria: la testimonianza del suo ex amico Alfonso Forgione e la pistola, riconducibile allo stesso Fiore.
Elementi questi ritenuti tuttavia per nulla convincenti dai giudici della Cassazione che, lo scorso anno, avevano confermato le decisioni del Riesame che a fine 2014 aveva annullato il provvedimento di custodia cautelare in carcere chiesto dai pm. Motivo: non esistono «elementi validi per pronosticare la condanna dello stesso Fiore».
Insomma, come ha ripetutamente sottolineato il difensore, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano nella sua arringa, mancano le prove che Fiore sia stato il complice di Fabio Buosi che al momento è stato l’unico condannato per il fatto di sangue. «Forgione è inattendibile», così lo ha definito de’ Manzano riferendosi non solo al curriculum giudiziario dell’accusatore «in cui spicca una condanna del 2007 per false dichiarazioni sulla propria identità personale», ma anche al fatto che durante un interrogatorio lo stesso Forgione «ha ricevuto notizie e chiarimenti dagli stessi inquirenti su circostanze a lui fino ad allora ignote. Fatto che ha fortemente condizionato l’attendibilità delle sue dichiarazioni». Da qui la richiesta dell’assoluzione per non aver commesso il fatto.
In effetti le prove emerse in aula a carico di Fiore partono tutte dalle dichiarazioni di Alfonso Forgione, 31 anni, suo ex amico. I pm Frezza e Baldovin lo hanno interrogato per tre volte durante l’indagine e alla fine Forgione ha ceduto. Ha detto: «Ho parlato solo dopo undici anni perché avevo paura. Ora mi sento pulito».
Poi l’uomo, che fino a qualche anno fa abitava in largo Santorio, ha raccontato delle confidenze avute dall'amico d’infanzia: «Dopo circa due mesi (ndr, dall'omicidio) in un nostro incontro casuale mi ha detto testualmente: “Hai visto il telegiornale?” e poi “Ho ammazzato io quel tassista”. Gli ho chiesto: “Cos'hai combinato?”. Fiore ha risposto con un “sì”. Io sono rimasto senza parole, non sapevo che cosa dire».
Gli investigatori della Mobile e dei carabinieri erano arrivati a Fiore nell’agosto del 2014 dopo aver scoperto che la pistola, una Beretta 7,65 dalla matricola abrasa, usata per uccidere Giraldi, era proprietà proprio di Antonio Fiore, noto col soprannome di “Anton”.
L’indagine era partita già a febbraio, da una perquisizione effettuata a quel tempo dai carabinieri del Nucleo investigativo nell’ambito di una storia di droga nella casa di Silvano Schiavon, 44 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Ma solo nell’estate del 2014, grazie agli accertamenti dei Ris di Parma, era stato possibile collegare l’arma all’omicidio Giraldi. Poi il processo in abbreviato. Con l’accusato che è libero. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 29 marzo, giorno in cui è prevista la sentenza.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo