Trieste, La Vigna accende i lampeggianti e “spegne” le ronde
TRIESTE Volanti a pattugliare la città, in centro e in periferia, con i lampeggianti accesi di notte. Sempre. «Dall’imbrunire fino al giorno dopo, così i malviventi ci pensando due volte prima di fare qualcosa. E i cittadini capiscono che ci siamo e si sentono più sicuri. Facevamo così a Roma».
Anche perché «non abbiamo bisogno delle ronde, siamo noi a garantire la sicurezza, questo è il nostro mestiere e sappiamo farlo bene». Con buona pace dei leghisti e dei “vigilantes” della domenica.
Il nuovo questore di Trieste Leonardo La Vigna, 63 anni, originario di Enna, parla come uno che la sa lunga. In effetti nel curriculum vanta una sfilza di incarichi di vertice nella Polizia in gran parte del Paese: inizia la carriera a Palermo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, in piena guerra di mafia. Poi passa nella capitale e, ancora, alla guida della Dia di Torino
È stato questore a Cuneo e a Bolzano. Sa cos’è la criminalità organizzata e come si infiltra dappertutto. «Nessun territorio del Paese può pensare di essere esente...», avverte. Ma la prima sfida, nel capoluogo, sarà la microcriminalità. La lotta ai truffatori, quelli che si infilano negli appartamenti degli anziani, innanzitutto. «So che a Trieste questo è un grosso problema».
Questore, lampeggianti sempre accesi di notte? Servono a rafforzare il senso di sicurezza nelle persone, così si capisce che siamo presenti sul territorio. Proporrò al prefetto di estendere l’iniziativa a tutte le forze dell’ordine.
Se chi ha in animo di commettere qualcosa e si rende conto che c’è una pattuglia nei paraggi, ci ripensa. E in contemporanea il cittadino, vedendo la pattuglia, si sente protetto. Sa che non è solo. Io credo molto nella prevenzione, ritengo che preventive sia molto meglio che reprimere.
Cosa si aspetta di trovare in una città definita “tranquilla” come Trieste? Per mia natura non mi aspetto mai niente di tranquillo. Forse parlo per deformazione professionale, visto che ho iniziato la mia carriera a Palermo in anni in cui imperversava la guerra di mafia.
E ogni qualvolta arrivo in un posto non ho mai la sensazione di stare in villeggiatura: io sono qui per lavorare. E credo che le problematiche siano ovunque: in altre città dove sono stato, dove tutto poteva apparire tranquillo, sotto si nascondeva altro. Il problema è che spesso non si dà troppa importanza a quanto accade, anche a episodi apparentemente poco significativi.
Rispetto ad altre zone come Roma, caotica e con grossi problemi di micro e grande criminalità, forse di Trieste si sente parlare poco. Ma probabilmente non viene dato il giusto peso a quanto succede, ai piccoli segnali. Io mi impegnerò a fare in modo che Trieste sia più sicura: questa potrebbe essere la mia ultima sede di servizio, spero di lasciare un buon ricordo. Spero di lasciare ai triestini una città sicura.
Ha citato la criminalità organizzata: ormai anche Trieste spunta nelle indagini e nei report. Non possiamo tralasciare niente perché nessuno è indenne dalla criminalità organizzata. Chi lo pensa non ha la reale percezione della vita economica e sociale del Paese.
Bisogna tenere alta la guardia. Bisogna capire quali sono i piccoli segnali e coglierli, in modo da dare agli organismi investigativi gli spunti necessari a poter scovare ciò che si nasconde dietro a quanto appare corretto e pulito.
C’è chi accosta la criminalità all’incremento del flusso di migranti. La presenza dei richiedenti asilo incide effettivamente sul senso di sicurezza di una comunità? Su questo aspetto non ci discosteremo dalle valutazioni che fa la Prefettura. Dobbiamo contemperare la nostra capacità di accoglienza e integrazione, che è nella nostra indole di italiani, senza tralasciare l’impegno sulla sicurezza.
Perché se l’immigrazione non è controllata e gestita può diventare esca della criminalità. Questo lo vogliamo impedire lavorando, ma nella maniera e nella misura più corretta ed equilibrata.
Cosa risponde a chi invoca le ronde? Noi non possiamo pretendere di essere in ogni luogo e in ogni momento, ma non abbiamo bisogno di ronde.
Non c’è ronda migliore di una nostra volante con i lampeggianti accesi: fare la ronda è il nostro mestiere. Comunque è importante che i cittadini ci chiamino quando percepiscono che c’è qualcosa che non va. La collaborazione è importante, ma non serve istituzionalizzare altro.
Gli episodi di truffe agli anziani ormai non si contano, qui a Trieste. Cosa farà? Le fasce più fragili della popolazione sono quelle che ci stanno più a cuore.
A Cuneo avevamo deciso di allertare gli anziani sui pericoli legati ai truffatori o ai borseggiatori, ad esempio, con una campagna informativa sulle confezioni del latte; oppure negli autobus. Vorrei realizzare ciò anche a Trieste. Non è la soluzione completa del problema, ma serve a sollecitare le persone a essere più vigili.
Trieste è inserita tra le città a rischio terrorismo. Qual è la sua percezione? Ritengo che dobbiamo avere un’attenzione massima su questo discorso. Oggi, considerando quanto avvenuto in Europa, non possiamo definirci tranquilli. La vigilanza è alta, a maggior ragione in luogo come Trieste, crocevia di interscambi e arrivi.
L’insidia si nasconde dietro l’angolo, sta a noi cercare di prevenirla. Io non credo che l’Italia sia stata baciata del Signore per non aver avuto alcun attentato; penso invece che ci sia stato un grande e grosso lavoro da parte delle forze di polizia, del dipartimento e del ministero dell’Interno.
Non hanno trascurato nulla. Abbiamo avuto un Giubileo con milioni di pellegrini o l’Expo di Milano: erano occasioni ghiotte. Se non è avvenuto niente non è un colpo di fortuna. Io non credo ai colpi di fortuna, ma all’impegno e alla collaborazione tra forze dell’ordine, magistratura e politica. Solo la sinergia può generare più sicurezza nelle persone.
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