Trieste, la suocera imbufalita lo cancella dall’anagrafe
TRIESTE La suocera, furiosa dopo la separazione, è andata all’anagrafe e ha chiesto di “cancellare” il genero: «Non voglio più saperne di quell’uomo. È stato sbattuto fuori. Non abita più in casa con mia figlia». La sua istanza è stata accolta con il risultato che il quasi ex marito della figlia è “sparito”. Letteralmente. Il suo nome è stato tolto da tutti i certificati, dallo stato di famiglia sino al certificato di residenza. Insomma, almeno per l’anagrafe, l’odiato genero è diventato un fantasma.
La vicenda paradossale è emersa negli scorsi giorni durante un’udienza di separazione. E il caso è diventato una querela presentata dall’avvocato Matteo Di Bari, il legale che assiste l’uomo, suo malgrafo protagonista di un incubo kafkiano. Sotto accusa è finito chi ha tolto il suo nome su richiesta della suocera. Chi con un clic, che il legale reputa arbitrario, ne ha cancellato di fatto l’esistenza amministrativa a Trieste.
Il black out anagrafico, in realtà, è già finito perché l’uomo, dopo un paio di mesi, è “risorto” per la burocrazia. Con buona pace della suocera: i sessanta giorni di “morte anagrafica” non sono stati sufficienti a far sbollire la sua rabbia ma sono bastati ai funzionari a rendersi conto dell’errore e a far riapparire il nome dell’uomo negli elenchi dell’anagrafe.
È infatti successo che, dopo la notifica del ricorso per la separazione, l’uomo si è presentato all’ufficio anagrafe del Comune. E l’ha fatto perché, come spiegano gli esperti, è necessario essere residenti nella provincia di competenza territoriale per attivare la procedura di separazione in Tribunale. Ma, una volta arrivato allo sportello, il protagonista della vicenda ha scoperto di essere stato a sua insaputa “cancellato”. L’ufficio anagrafe, come raccontato nella querela, gli ha infatti negato la concessione del certificato di residenza aggiornato che gli serviva per la separazione, «non potendo certificare la residenza precedente». Successivamente, presumibilmente a fronte delle sue proteste, ha provveduto a correre ai ripari.
Nonostante la correzione, però, la querela ipotizza una precisa responsabilità da parte degli ufficiali di stato civile del Comune. «Durante l’udienza di separazione davanti al presidente del Tribunale il legale della moglie, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano, ha esibito un certificato che attestava la residenza a Trieste dal 13 agosto proprio quando è stato presentato il ricorso della separazione. Ma nessun certificato di residenza poteva mai essere rilasciato dopo la cancellazione del mio nome dagli elenchi avvenuta nello scorso mese di giugno» ha dichiarato, sempre nella querela, l’uomo. Chiedendo subito dopo «di accertare il rispetto della normativa e, in caso di abuso, di agire penalmente nei confronti di chi l’ha commesso».
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