Trieste, la “strana alleanza” sui cinghiali

Proposta unitaria di coltivatori e ambientalisti sull’espansione della fauna selvatica e sul ristoro danni
Di Diego D’amelio

TRIESTE. Coltivatori e ambientalisti insieme contro l’emergenza cinghiali. E non solo. Perché l’espansione della fauna selvatica sta avendo conseguenze preoccupanti sull’ecosistema del Friuli Venezia Giulia. Nel caso della nostra regione i cinghiali si stanno espandendo a ovest e salgono verso le montagne. I cervi si abbassano in pianura e i corvi e le cornacchie spadroneggiano a scapito di passeri e rondini. L’esito è lo stravolgimento dell’ambiente originario. Il presidente di Coldiretti Dario Ermacora spiega che «i cinghiali sono ormai dappertutto: sono onnivori, si muovono in gruppo, distruggono i campi e ora anche i prati delle malghe di montagna. I cervi sono sempre più frequenti a basse altitudini, per non dire di nutrie e volatili. Piante e sementi ne risultano danneggiate, spesso irreparabilmente. Il problema riguarda i contadini, ma anche i cittadini, con incidenti stradali e presenza di animali vicino agli abitati». La questione è viva in tutto il paese. Nella giornata di ieri, Coldiretti e Legambiente hanno così chiesto agli assessorati competenti di tutte le Regioni italiane un impegno per porre sotto controllo la proliferazione della selvaggina, semplificare le procedure di indennizzo e mettere a disposizione risorse per risarcire i contadini che hanno subito danni. Le proposte puntano ad avviare la pianificazione faunistica e venatoria, creando inoltre assi di finanziamento per l’utilizzo di recinzioni, trappole e repellenti inoffensivi. In Friuli Venezia Giulia le due associazioni hanno avanzato una proposta di legge regionale, che è stata sottoposta a Cristiano Shaurli e Paolo Panontin, assessori all’Agricoltura e alla Caccia. «Il problema non è solo quello dei cinghiali, ben noto a Trieste. L’ambiente - aggiunge Ermacora - si sta modificando, le specie cambiano modo di vivere e riprodursi. Servono prevenzione, censimenti, sterilizzazioni e abbattimenti: i cacciatori devono poter sparare anche al di fuori della stagione venatoria e negli orari in cui la caccia è sospesa. Ci vogliono procedure semplificate e certe di indennizzo, perché la selvaggina è di proprietà dello Stato e lo Stato deve rimborsare. Al momento le risorse sono insufficienti: le Regioni dovrebbero usare parte delle tasse sulla caccia per programmi di gestione faunistica e per contribuire alla stipula di assicurazioni contro i danni da selvatici». Per il presidente di Coldiretti è necessario «normare anche lo smaltimento delle carcasse: penso alla gran quantità di nutrie da eliminare, ma anche al fatto che oggi i cinghiali sono inceneriti, con sprechi di carne e danaro. È poi importante obbligare i cacciatori a cacciare, perché lo fanno troppo poco per non impoverire la quantità futura di prede. E infine serve educare le persone: non si può lasciar da mangiare in giro o, ancora peggio, foraggiare direttamente gli animali». Panontin giudica la proposta «condivisibile e interessante: ne terremo conto per migliorare il Piano faunistico appena varato e forse qualcosa potremo fare anche a livello legislativo. È importante che le due organizzazioni si siano presentate assieme su un problema dai risvolti molteplici».

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