Trieste, la piazza urla il suo no al tetto di stranieri in asilo

TRIESTE «Signor sindaco, buonasera». Inizia così la manifestazione organizzata da Giovani Democratici, Pd, Cgil, Cisl, Uil, Fiom e Zssdi (Unione culturale economica slovena) ai piedi del Municipio, nel momento in cui si sta riunendo il Consiglio comunale che ha in scaletta, oltre alla delibera sulle pistole ai vigili, anche quella del tetto del 30% alle presenze straniere negli asili comunali. Il saluto, attraverso il megafono, è destinato sarcasticamente al primo cittadino e alla sua giunta, che ha già licenziato il tanto contestato limite nelle strutture destinate all’infanzia, portandolo per l’appunto ieri sera all’attenzione del Consiglio. Un centinaio, qualcosa meno, i convenuti al sit-in, proprio sotto le finestre dell’aula consiliare.
A prendere la parola per prima è Maria Luisa Paglia, consigliera circoscrizionale Pd e insegnante: «Questo è un regolamento discriminatorio. Sappiamo già che il sindaco e la maggioranza del Consiglio voteranno compattamente a favore del provvedimento. Noi però manifestiamo ugualmente, per dare un messaggio alla cittadinanza che la nostra parte politica non è indifferente a questa decisione. Lanciamo l’allarme per quella che è una deriva discriminatoria che rischia di creare un senso di confusione nei confronti di una parte di popolazione». Si cita anche il garante della privacy del Fvg Walter Citti, che recentemente ha sollevato perplessità sulla questione. Ma non solo lui. «Quasi tutte le circoscrizioni cittadine – continua Paglia – e anche quelle a maggioranza di centrodestra si sono espresse negativamente nei riguardi di questa proposta, pur non essendo il loro parere vincolante ai fini della decisione finale, ma non sono state ascoltate. Qui si parla di alunni di tre anni, nati in Italia. La giunta ha deciso di abbassare questo tetto al 30% per cercare di aizzare la cittadinanza con lo spauracchio di un’invasione di cittadini stranieri che non c’è».
Le fa eco, tra gli altri, anche Buda Assy di United Culture, associazione nata con l’intento di fare da trait d’union fra le varie espressioni culturali presenti in città, coinvolto personalmente nell’argomento: «Io e mia moglie abbiamo una bambina nata a Trieste quattro anni fa, che è totalmente assimilata alla realtà dove vive, non capisce la nostra lingua madre, parla solo l’italiano, inoltre noi lavoriamo qui dove paghiamo regolarmente le tasse e i contributi, per quale motivo nostra figlia dovrebbe essere trattata alla stregua di chi arriva ora, magari su un barcone, senza sapere la lingua? Troviamo questo limite come una regola vessatoria e discriminante nei confronti di chi vive, lavora e si è ambientato culturalmente in Italia». «Dovrebbe essere una manifestazione trasversale – l’opinione di Federico Perrucci dei Giovani Democratici – e non solo di una parte politica, perché il rischio che corriamo oggi è grande, ossia quello di trasformare la scuola pubblica in una scuola confessionale. La scuola appartiene a tutti e dev’essere pubblica, gratuita e laica». Presente al comizio una rappresentanza di insegnanti e anche di esponenti dell’associazionismo sloveno a ribadire, con slogan nella propria lingua madre e dunque purtroppo incomprensibili a tanti presenti e passanti, l’importanza di valori quali l’integrità e la convivenza, invitando al contempo la politica a evitare di usare i bambini come strumento di mera propaganda a fini elettorali. —
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