Trieste, la maggioranza comunale si spacca sulla Palestina
TRIESTE La questione israelo-palestinese spacca la maggioranza del Comune di Trieste: FdS e Sel pensano di chiedere la sfiducia della vicesindaco Fabiana Martini. Pare assurdo, ma il dissidio nasce da una vicenda complessa, che implica anche un intervento diretto dell'ambasciata di Tel Aviv nella politica triestina. L'ambasciatore d’Israele ha scritto infatti una lettera al sindaco Roberto Cosolini, chiedendo al Comune di revocare la sua partecipazione a un convegno organizzato dall'associazione filo-palestinese Salaam i ragazzi dell'Ulivo.
La giornata di studi si è svolta sabato scorso al Revoltella e, in seguito alla lettera, la giunta ha deciso di non prendere parte ufficialmente all'evento, ritirando l'uso del simbolo, mantenendo però il finanziamento di duemila euro pubblici. La scelta ha scatenato la dura reazione politica della Federazione della sinistra e di Sinistra, ecologia e libertà, che ora vagliano ripercussioni sulla giunta. La vicesindaco, autrice della lettera di revoca, replica: «Non abbiamo fatto un passo indietro. Il Comune ha tolto il simbolo per non essere strumentalizzato in un senso o nell'altro, ma ha comunque coorganizzato l'evento».
La storia ha inizio nel luglio scorso quando, dopo alcuni incontri preparatori, l'associazione Salaam chiede al Comune la coorganizzazione all’evento, incluso l'uso gratuito della sala del Revoltella. Tra i diversi oratori previsti anche Gideon Levy, giornalista del quotidiano israeliano Haaretz. L'approvazione del Comune viene ufficializzata con una delibera del 5 ottobre. La spesa complessiva prevista per l'evento è di 1997 euro. Resa pubblica l'iniziativa, il sindaco Roberto Cosolini riceve una lettera inviata dall'ambasciata d'Israele in Italia. Non è dato conoscere il testo completo della missiva, sulla quale Cosolini preferisce mantenere il riserbo, ma dei contenuti si sa quanto segue: il tono è perentorio; si ricordano i legami politici e commerciali fra i due Paesi, citando le recenti prese di posizione del presidente del Consiglio italiano; l'ambasciata afferma infine che uno dei gruppi che partecipano al convegno, il Bds (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni), è «vicino a organizzazioni terroristiche» e si chiede di prendere le distanze. Il programma dell'evento prevede l'intervento dell'attivista per i diritti umani Stephanie Westbrook, membro del Bds.
«Cosa facciamo?», si chiede la giunta. Martini invia a Salaam un lettera in cui si annuncia che «a seguito della segnalazione da parte dell’ambasciatore d’Israele della presenza tra i relatori di rappresentanti di gruppi considerati vicini ad organizzazioni terroriste», l'amministrazione «non intende più partecipare all’evento» e invita «a non spendere il logo del Comune di Trieste nelle comunicazioni e negli atti inerenti quest’iniziativa. Ciò al fine di non coinvolgere l’ente in situazioni che possono apparire o risultare contrarie al processo di pace». Commenta la vicesindaco: «Potevamo ignorare la lettera dell'ambasciatore. Potevamo ascoltarlo del tutto e togliere all'evento la sala o il finanziamento. Abbiamo tolto il simbolo lasciando sala e fondi. Noi riteniamo sia giusto che tutti abbiano la possibilità di esprimersi e che un convegno internazionale di quel tipo possa contribuire a una maggiore informazione».
Il consigliere di FdS Marino Andolina sbotta: «Un Pd sionista avrei preferito non vederlo. Il fatto accaduto è serio. Qualcuno viene accusato di vicinanza al terrorismo, ci sono possibili conseguenze legali. Se non uscire dalla maggioranza, credo che una mozione di sfiducia o almeno di biasimo sia il minimo che possiamo fare». Concorde il capogruppo di Sel Marino Sossi: «La coorganizzazione era decisa da una delibera, la questione doveva tornare in giunta. Se fosse c'entrato il terrorismo, sarebbe dovuta intervenire la questura. Altrimenti, una volta deciso, bisognava tenere la linea: i convegni, con discussioni anche aspre, sono il pane duro della democrazia».
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