Trieste, la giunta regionale dà il via libera ai burocrati di Palazzo in “prestito” dai partiti
TRIESTE La giunta regionale cancella un divieto per la politica: fare parte dei piani alti del Palazzo. Con la delibera 1197, approvata lo scorso 29 giugno, il Regolamento di organizzazione della Regione non contiene più l’impossibilità per i direttori apicali di essere iscritti a un partito. Di più: viene consentito loro di avere, all’interno degli stessi, ruoli direttivi. Sebastiano Callari, assessore alla Funzione pubblica, ha una risposta pronta: «È una norma democratica». Qualcuno la leggerà invece come la mano della politica dentro la burocrazia.
«Il comma 3 dell’articolo 16 del DpReg 0277/Pres. /2014 è abrogato», è la sintetica formula. In quel comma era stato appunto disposto il divieto per direttori generali e centrali, vicedirettori centrali, direttori di servizio e di staff, di «rivestire cariche pubbliche ovvero cariche in partiti politici e avere incarichi direttivi o rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con i predetti organismi».
L’assessore insiste sul tema della democrazia: «Fermo restando che le cariche elettive non potranno assumere ruoli di direzione nell’amministrazione pubblica, ci pare legittimo che chi è iscritto a un partito, di destra o di sinistra che sia, possa diventare direttore apicale in Regione. Ci sembrava una limitazione eccessiva, direi anzi antidemocratica».
All’opposizione non manca chi sospetta un’operazione ad personam. E attende di vederne gli effetti.
C’è chi parla, e non è la prima volta, del ritorno di Federica Seganti, chi ripesca altri leghisti di lungo corso come Sandro Burlone, già capo di gabinetto in Consiglio di Edouard Ballaman e Maurizio Franz, e Luca Bulfone, che fu direttore centrale Agricoltura con Claudio Violino assessore. Non manca chi sussurra il nome di Alessandro Colautti, rimasto fuori dalla corsa al Consiglio nelle liste di Ar. Callari, tuttavia, allontana subito i veleni: «Non abbiamo voluto fare entrare la politica nella burocrazia, tanto meno privilegiare la Lega o qualche altro partito o movimento della maggioranza. Ci pare semplicemente un passaggio di libertà. Se uno fa il direttore, non si capisce perché, al di fuori dell’attività lavorativa, non possa coltivare le sue idee politiche». Dopo di che, un minimo di prudenza c’è: «Evidente che, se faccio il direttore generale della Regione, il buon senso mi dirà di non conservare incarichi di partito».
Come fidarsi del buon senso? «Se si creeranno problemi, penso che un comitato etico possa bastare per consentire a ciascuno di portare avanti le proprie opinioni, ma di farlo solo nel perimetro dell’opportunità».
Nella stessa delibera, tuttavia, la politica pare guadagnare altri spazi. Introduce per esempio la possibilità di nomina immediata di nuovi direttori (da quello generale ai centrali) con decadenza immediata dei predecessori. Non ci sarà dunque più l’attesa di 90 giorni, come accaduto pure stavolta, giacché la giunta Fedriga deciderà i vertici della “macchina” solo nel prossimo agosto. Non a caso i direttori centrali hanno ricevuto in questi giorni una lettera in cui li si avvisa della scadenza del mandato. C’è già chi parla di una prima sostituzione: quella del direttore all’Ambiente Roberto Giovanetti, un esterno. Al suo posto subentrerebbe il dg del Consorzio di bonifica Pianura friulana Massimo Canali. Infine, c’è la cancellazione di un altro comma, quello che prevedeva l’ascolto dell’Organismo indipendente di valutazione per la graduazione delle responsabilità e retribuzioni dei dirigenti.
«È il tentativo di evitare che ci siano delle sovrastrutture che leghino il dipendente a un eccesso di autorità da parte di un organismo che possa guidarne l’attività – spiega ancora l’assessore –. Non sottoporre il dirigente a una condizione di questo tipo ci pare un altro modo per ridare libertà alla pubblica amministrazione. I regolamenti non devono fare da ostacolo, ma servono ad agevolare le persone, per migliorare la loro qualità di vita e i risultati delle istituzioni». —
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