Trieste, la cultura si schiera con la città della scienza

Scrittori e registi tra gli sponsor della candidatura a capitale europea. «Ma ricercatori, istituzioni e abitanti dialoghino di più»

TRIESTE Sì alla candidatura di Trieste a Capitale europea della scienza. A patto che la distanza tra la città e gli istituti di ricerca si accorci. È il parere espresso dai protagonisti del mondo della cultura che con la città giuliana hanno un legame particolare.

Politica unita per Trieste capitale della scienza
Lasorte Trieste 26/09/14 - Piazza Unità, Trieste Next

Nessuno di loro vede «controindicazioni» alla proposta, che è stata avanzata dalla Fondazione Internazionale Trieste con il sostegno del Sistema scientifico e dell’innovazione. “Sì” dunque alla candidatura che nel 2020 potrebbe assegnare a Trieste il titolo biennale di Capitale europea della scienza. Ma con le dovute differenze: il consenso, per quanto unanime, presenta un ventaglio di sfumature molto differenti al suo interno .

Fra i pareri più critici, spicca Paolo Rumiz: «Difficile essere all’altezza di un simile appuntamento, se in questi ultimi 12-13 anni la distanza tra il mondo scientifico e la città è continuata a crescere - osserva il giornalista e scrittore - . È colpa di entrambe: della scienza e della città.

Trieste candidata per essere Capitale europea della Scienza 2020
Silvano Trieste 08/11/2010 45 Anni ICTP

Da una parte, del grande silenzio della scienza sul destino dei grandi contenitori, in primis il Parco del mare. Dall’altra del mutismo di una classe dirigente che si nutre solo di bancarelle e giostre e spera in un futuro di grandi navi e turismo “mordi e fuggi”che alla città non hanno mai portato niente» .

Giorgio Pressburger, regista e drammaturgo, è altrettanto graffiante: «L’idea è buona ma per raggiungere il titolo bisognerebbe fare uno sforzo maggiore. Una Capitale europea dev’essere molto vivace, e capace di coinvolgere il cittadino, di entrare nella sua vita quotidiana.

Dobbiamo immaginarci concerti ed eventi che durino fino a notte e strade colme di persone. Invece noi - prosegue l’intellettuale ungherese ma triestino d’adozione - siamo abituati a quei dieci abbienti signori che fruiscono delle iniziative culturali, in una città che sa essere vivace solo nel cibo e nella bevanda».

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Il germanista Luigi Reitani parla di «una grande opportunità per Trieste, dalla vocazione internazionale per aver saputo unire la tradizione umanista anche con la sperimentazione e la ricerca. Certo però - aggiunge - che ci dev’essere dietro una profonda convinzione, e in questo risulta determinante la rete che si crea a sostegno della candidatura. Se la città non è coinvolta, se manca l’appoggio dei cittadini, se le proposte vengono calate dall’alto, allora tutti i progetti hanno le gambe corte e sono destinati a morire»

«Bisognerebbe comunque fare il possibile per riuscirci», interviene il regista Furio Bordon, cui risulta comunque già chiaro che «ci faremo scappare anche questa opportunità, come ci è già successo, per incompetenza burocratica e perché alla fine è così che va sempre..».

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La proposta indica invece che «il muro del “non se pol” si sta deteriorando», afferma lo scrittore Pino Roveredo: «Trieste sta esplodendo, è all’attenzione nazionale e internazionale, credo che sia pronta per progetti di questa portata... Poi bisogna vedere se sono pronti anche i triestini».

Si dice «d’accordo» anche Boris Pahor, che ricorda come Trieste sia stata «una piccola Europa, già al centro non solo del traffico marittimo ma anche per aver fatto da polo di interessi nazionali e internazionali. Lo dico anche come uomo sloveno: dico - conclude l’autore di Necropolis - che Trieste questo titolo se lo merita».

«Se in questo momento storico si decide di lavorare su grandi eventi che mettano al centro la cultura - è il commento della scrittice Federica Manzon - , l’investimento non può che essere ottimo, e le ricadute sul territorio si sentiranno anche nel lungo periodo».

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