Trieste, la costosa sconfitta di Cosolini: ha speso il triplo di Dipiazza

Il candidato del centrosinistra investire un totale di oltre 133mila euro. Il vincitore ne ha invece sborsati 45mila. Menis a 18mila
A sinistra, Roberto Dipiazza; a destra, Roberto Cosolini
A sinistra, Roberto Dipiazza; a destra, Roberto Cosolini

TRIESTE Roberto Cosolini ha speso quasi il triplo di Roberto Dipiazza e otto volte tanto il Cinque Stelle Paolo Menis. A un mese e mezzo dalle elezioni comunali spuntano i conti della campagna elettorale, annunciata fin da subito come “low cost” ma che, evidentemente, non manca di riservare qualche sorpresa. Soprattutto nella forza economica messa in campo non solo dai “big”, ma anche dai singoli partiti: il Pd, con più di 100 mila euro, è assolutamente inarrivabile.

O nelle sproporzioni tra contendenti: Iztok Furlanic, ad esempio, ha sborsato un sessantesimo dell’ex sindaco, ex alleato in maggioranza. La pubblicazione delle cifre è prevista da una legge regionale, la 19 del 2013. I candidati, stando all’articolo 78 della norma, devono presentare il consuntivo di quanto hanno investito per la loro corsa alla conquista del municipio.

Nell’elenco rientrano tutti gli acquisti fatti per il primo turno del 5 giugno e per il ballottaggio del 19: affitto sale, mezzi, gazebo, volantini, santini, diffusione pubblicitaria su giornali, radio e tv, oltre che i banchetti e gli incontri con gli elettori nelle manifestazioni pubbliche.

Cosolini, poi sconfitto nel testa a testa finale contro Dipiazza, ha scommesso su un maxi assegno da 133.155,71 euro contro i 45.005,76 del rivale. Non sono tutti soldi suoi, a ben vedere: l’ex sindaco ha impiegato 43.629,09 euro da un conto elettorale aperto appositamente in banca (Credito cooperativo del Carso) e dove sono confluiti, come precisa il diretto interessato nella sua dichiarazione consegnata al Comune, le sottoscrizioni e i contributi dei sostenitori.

Trieste, Cosolini: «Con Dipiazza solo slogan, scene e falsità»
Da sinistra: Fabiana Martini, Roberto Cosolini, Laura Famulari, Edi Kraus, Elena Marchigiani e Roberto Treu ieri al Tommaseo (foto Lasorte)

Il resto, vale a dire quasi 90mila euro (89.526,62), lo ha stanziato il Pd. L’unico partito, analizzando il rendiconto, che ha potuto permettersi somme del genere. Ma come ha usato, Cosolini, i soldi? 18mila euro se ne sono andati tra volantini, video, manifesti, lettere, tipografie e l’affitto della sede elettorale di piazza San Giovanni (6mila), quasi 10mila per il noleggio sale, i rinfreschi o i buffet in bar, pizzerie, pub e circoli vari. Altrettanti per gli spazi pubblicitari sui giornali e la distribuzione del materiale elettorale, mentre circa 6mila euro sono serviti per pagare i collaboratori.

Ma è dal Pd, come detto, che è arrivata l’iniezione di quattrini più consistente: sono i quasi 90mila euro suddivisi tra opuscoli, pieghevoli, altro materiale video, servizi fotografici, pubblicità su stampa, radio e televisioni private. Il partito ha stipendiato pure i consulenti di comunicazione: la responsabile dell’ufficio stampa, Anna Adriani, ha guadagnato 12.688 euro, mentre altri 13.420 sono stati saldati alla Mr & associati.

Spese grossomodo annunciate in avvio di campagna elettorale, quando si era parlato anche di un contributo del Pd pur omettendo la cifra. I dem, peraltro, per lanciare i propri candidati hanno sganciato ulteriori 29.103,79 euro, grazie a sottoscrizioni e fondi di partito. Tanto? Poco? Erano di più nel 2011, quando Cosolini decise di giocarsi 190mila euro, oltre a 60mila di contributo Pd.

Altri tempi, pure per Dipiazza, che per volantini, gazebo, banchetti vari, spazi su stampa, radio e tv, si è accontentato di appena 45.005,76 euro; nulla a che vedere con il faraonico assegno da 250mila staccato nel 2006 per battere l’attuale capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato.

“Dipi”, oggi novello sposo, aveva subito puntualizzato che per questa nuova scommessa elettorale avrebbe usato solo «risorse personali perché non ho a disposizione quelle ingenti dei partiti su cui altri possono contare». Ben più magra la cifra di Paolo Menis del M5S: nel 2011, al suo esordio, il movimento spese 7.514,97 euro.

Ora sono 10mila in più: 17.924,20 euro in tutto tra manifestazioni, materiale e collaboratori. Ma nulla per farsi pubblicità su giornali, radio e tv: hanno preferito il web “fai da te”. Tutto, s’intende, grazie all’autofinanziamento: i soldi impiegati derivano da donazioni, vendita di gadget, cene ed eventi. Una raccolta che ha fruttato 17.955,65 euro. A Menis ne sono avanzati 31,45 per la pizza.

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