Trieste, investimenti in area Ezit: si fanno avanti 29 aziende
TRIESTE. E Invitalia disse loro: «Lasciate che le aziende vengano a me». Forse non a questi livelli, ma certo era altisonante il tono con cui ieri la presidente della Regione Debora Serracchiani ha annunciato una possibile resurrezione Lazzaro-style per l'area di crisi industriale complessa di Trieste.
La chiamata per manifestazioni d'interesse lanciata da Invitalia in seguito all'accordo di programma per il recupero della zona ha avuto dunque il seguente esito: 29 risposte per un potenziale di almeno 381 posti di lavoro e investimenti da 96,8 milioni di euro. L'ha reso noto ieri la stessa Serracchiani, assieme al presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto, in una conferenza nella sede dell'associazione degli industriali.
L'incontro era appunto intitolato "Il rilancio strategico dell'Area di crisi industriale complessa di Trieste". La governatrice ha tirato le fila del lavoro fatto finora: «Il percorso è iniziato in contemporanea al mio mandato nel 2013 - ha detto -. Nel 2014 abbiamo sottoscritto un accordo di programma con diversi ministeri, in particolare Sviluppo economico e Ambiente. L'oggetto erano il risanamento e la riconversione degli insediamenti industriali».
La prima parte dell'accordo riguarda la Ferriera ma la seconda, quella di cui si è parlato ieri, interessa sostanzialmente l'area di competenza della liquidanda Ezit e che vede Invitalia quale soggetto attuatore: «Sono già stati investiti 15 milioni di euro a cui si aggiungono i 10 previsti dalla Regione nella legge Rilancimpresa - ha aggiunto Serracchiani -. La prima parte del procedimento di rilancio si è conclusa con la chiamata alle manifestazioni di interesse».
Le quali sono, dicevamo, 29 in tutto. Cinque sono quelle presentate da grandi imprese, sei da medie e 18 da piccole imprese. Una è una società ancora da costituire, mentre sono 22 sono società di capitali. Altre sei sono costituite da persone.
Di che genere di aziende parliamo? «La distribuzione settoriale è concentrata nell'industria - ha detto la presidente -: si va dalla riparazione delle macchine per le industrie chimiche all'elettromedicale, dalla siderurgia alle porte e finestre o alle schede elettroniche». Buona parte delle realtà coinvolte è già insediata in regione. Cinque delle piccole imprese sono delle start up.
Quali sono ora le prossime tappe? Entro il prossimo mese di giugno verrà completato il progetto di riqualificazione e riconversione; il bando sarà costruito ricalcando le manifestazioni di interesse e lasciando degli spazi di ampliamento in alcuni ambiti: «Ad esempio vorremmo attrarre ulteriori insediamenti legati alla ricerca - ha detto Serracchiani -. In ogni caso sarà la prima volta che un bando viene costruito sulla base della domanda e non in maniera aprioristica».
L'auspicio della presidente del Friuli Venezia Giulia è quindi la rinascita economica dell'area, accompagnata al rilancio del porto: «Ormai Trieste è il terzo porto della Germania, sembra una battuta ma è vero, dati alla mano».
Incalzata dagli industriali presenti al convegno, che testimoniavano le difficoltà riscontrate in seguito alla liquidazione di Ezit, Serracchiani è tornata ancora una volta sulla scelta di chiudere il consorzio: «Compito di un consorzio industriale è quello di dare servizi e infrastrutture. Non è suo compito, invece, quello di fare l'agente immobiliare. Raramente fa attività diretta, come ad esempio l'escavo di un porto, perché non ne ha le competenze. Nel momento in cui un consorzio non risponde più a queste caratteristiche - ha aggiunto Serracchiani - non serve più».
La presidente ha poi assicurato che «se servirà uno strumento per servizi e infrastrutture nell'area industriale lo faremo. Lo chiameremo Pippo, Pluto o Paperino e lo faremo, ma solo se servirà». Sull'altro ramo della crisi industriale, quello della Ferriera, e sull'imminente manifestazione, Serracchiani ha preferito invece non commentare.
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