Trieste, infermiere strozzino finisce in arresto
TRIESTE Il trucco era semplice: avvicinare le potenziali vittime e poi approfittare della loro situazione offrendo servizi non certo gratuiti. Un finto aiuto a scopo di lucro. Risultato: interessi da capogiro con tassi annui del 180 per cento.
Si chiama Felice Granceri, 68 anni. È un infermiere in pensione, ex dipendente dell’Azienda sanitaria con il pallino degli affari. Affari illegali. O meglio, usura. Gestiva una sorta di banca “parallela”.
Granceri è finito in manette su ordine del gip Luigi Dainotti che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare su richiesta del pm Lucia Baldovin. Dopo due notti in carcere è stato interrogato dal gip. Ed è finito ai domiciliari. Lo assistono gli avvocati Tiziana Benussi e Letizia Pascutto.
Ad arrestare Felice Granceri sono stati i carabinieri del nucleo investigativo al termine di una approfondita indagine. A suo carico due differenti episodi avvenuti nelle ultime settimane. Ma il “business” avrebbe proporzioni ben più rilevanti con la richiesta di interessi da capogiro.
In pratica tutto ruota attorno ad alcuni prestiti concessi ad abituali frequentatori delle case da gioco d’oltreconfine. Un fiume di denaro “pagato” dalle vittime al prezzo di oltre tre volte il proprio effettivo valore.
Il primo episodio, come detto, è riferito a un uomo affetto da ludopatia, frequentatore delle case da gioco oltreconfine che chiedeva dei prestiti per giocare alle macchinette; il secondo a un’anziana che aveva chiesto denaro a Granceri per poter far la spesa.
Perché quello che aveva di pensione non le era sufficiente per vivere. In particolare, secondo le indagini, dopo aver prestato 3mila euro al primo “cliente” gli aveva chiesto e preteso una rata mensile pari a 75 euro e di 500 euro per la prestazione. All’anziana invece, dopo averle prestato 1985 euro, aveva chiesto una rata mensile di 50 euro e altri 500 euro per la prestazione.
Tra gli indizi raccolti dai carabinieri nel corso della perquisizione contestuale all’arresto, da segnalare il rinvenimento - nell’abitazione di Granceri nella zona di campo San Giacomo - di oltre 3mila euro in contanti, 5 assegni non intestati del valore di oltre 6.500 euro, regolarmente firmati dalle vittime e verosimilmente detenuti per garanzia del credito vantato, ma anche di una carta di credito, di due ricevute di vendita di 174,56 grammi di oro rilasciate da esercizi commerciali situati in Slovenia (per un valore di quasi 5mila euro), una carta Postepay e un libretto postale.
Le indagini proseguono al duplice scopo di appurare l’esistenza di eventuali complici dell’infermiere e anche di altre vittime che, in reati di questo tipo, sono spesso restie a formalizzare la denuncia.
«L’auspicio dei carabinieri - si legge in una nota - è che adesso i potenziali debitori possano farsi avanti, così da portare alla luce l’intero giro d’affari.
L’attuale situazione economica, la caduta del potere d’acquisto degli stipendi, le tariffe e le imposte in costante crescita, rischiano di alimentare l’attività degli strozzini e dei cravattari. Quasi il 60 per cento di chi finisce nelle loro mani inizia il proprio calvario con una “prestito modesto” al di sotto dei diecimila euro. Con il tempo, con gli interessi pretesi, diventano presto 20 mila. E per il creditore è la fine. Non vive più, è costantemente perseguitato, anche ad anni di distanza».
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