Trieste: Illy, verso Piazza Affari solo tè e cioccolato
MILANO. Scartata l'ipotesi di quotare l'intero gruppo, Illy non esclude la possibilità di portare in Borsa le attività esterne al core business del caffè. In un'intervista pubblicata ieri su Affari&Finanza-La Repubblica, il presidente della società triestina Riccardo Illy ha aperto a questa possibilità: «Escludendo la quotazione dell'azienda del caffè, che non ne ha bisogno, Dammann Frères o Domori potrebbero invece avere la necessità di accelerare il passo e quindi del booster della Borsa o di un partner esterno che apporti capitale e know-how per sviluppare in particolare la rete dei negozi monomarca».
La questione della possibile quotazione è emersa a fine giugno, quando il Financial Times ha citato l'ipotesi, sottolineando l'incarico a Roland Berger per valutare opzioni strategiche, tra cui appunto la possibilità di uno sbarco in Borsa. Tuttavia l'azienda ha subito gettato acqua sul fuoco. «Non è un progetto che la famiglia esclude a priori. Non siamo contrari, ma per ora l'ipotesi di una quotazione resta molto remota», ha precisato l'amministratore delegato Andrea Illy. Che ha poi spiegato come l'incarico all'advisor rientri in un periodico monitoraggio del mercato. Si è parlato anche di possibili divisioni con il fratello Riccardo Illy, che i rumors vorrebbero più orientato verso la quotazione.
A questo proposito, nell'intervista di ieri ad Affari e Finanza Riccardo Illy ha smentito l'esistenza di dissidi, rimarcando il piano di sviluppo indicato da Andrea, che stima un raddoppio dei volumi nell'arco dei prossimi tre-cinque anni. Illy è un gruppo di medie dimensioni, che ha chiuso il 2014 con un fatturato consolidato di 429,5 milioni di euro (in crescita del 4,5% sul 2013), un margine operativo lordo di 62 milioni e un utile netto di 5 milioni.
Pur ipotizzando una quotazione a 25-30 volte gli utili, il suo valore di mercato non supererebbe i 150 milioni di euro. In tal senso è difficile vedere una convenienza per il gruppo, che per altro non ha tra le sue priorità nuove acquisizioni di peso, e pertanto non necessita di capitali esterni. Senza dimenticare che la quotazione comporta trasformazioni non secondarie a livello di governance e comunicazione al mercato (a cominciare dalla necessità di presentare conti trimestrali). Più facile, dunque, che questa opzione venga presa in considerazione più avanti, magari dopo una crescita ulteriore dei conti.
Le parole di Riccardo Illy aprono, invece, a questa prospettiva per gli altri rami del gruppo. In particolare Dammann Frères è un'azienda che seleziona e produce tè di alta gamma, nota per aver importato la bevanda in Francia sul finire del Diciasettesimo secolo. Dopo aver rilevato il 55% del capitale, Illy è salita fino al 77,09%.
Domori, invece, lavora solo le varietà più pregiate di cacao, come il criollo e il trinitario, ed è posseduta al 100% da Illy. Si tratta di due acquisizioni fatte tra il 2006 e il 2007 con l'obiettivo di diversificare le attività del gruppo triestino, che rispettano il posizionamento nella fascia top di mercato voluto dai due fratelli Illy. Eventuali novità sono attese per fine mese, quando Roland Berger avrà completato l'analisi.l.d.o.
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