Trieste, il teatro “contro” è di genere

La compagnia Atopos di Marcela Serli porta in scena la ricerca di identità. 
La compagnia Atopos in azione durante Variabili Umane. Foto cortesia di Marcela Serli
La compagnia Atopos in azione durante Variabili Umane. Foto cortesia di Marcela Serli
A Trieste gli esperimenti che hanno portato sul palcoscenico un discorso coerente su identità, disagio psichico e sessualità sono stati presentati da due rinomate autrici con un piede nei circuiti tradizionali e da alcune attiviste che di mestiere fanno altro, ma che hanno riempito i teatri underground, circoli e salette della città con le loro ironiche proposte.
Avanguardie e nuove tendenze: alla scoperta delle controculture a Trieste
Tutte le fotografie della serie sono curate dall'artista Svetlana Tomazic
 
Le prime due sono Irene Serini e Marcela Serli, triestine di nascita o di adozione, le cui carriere artistiche sono strettamente intrecciate. A novembre scorso hanno proposto in città una loro creazione, “Variabili umane” all’interno della rassegna S/paesati del Miela. In scena c’erano quindici persone della compagnia Atopos con diverse identità di genere e diversi orientamenti: donne, uomini e transgender, professionisti del palcoscenico e non, che hanno cantato e danzato il proprio diritto alla felicità.
 
 
«È il primo spettacolo di una trilogia, anzi, di due trilogie», racconta la Serli, argentina con padre istriano e madre libanese, con lunga esperienza di lavoro negli ospedali psichiatrici e come pedagoga. Settimana prossima sarà a Trieste con l’obiettivo di portare qui i prossimi tre capitoli della triade “The Gender Show”, in cui si parlerà «in maniera poetica e comica» anche di come donne transessuali hanno vissuto la paternità. In cantiere poi c’è la produzione di un classico, insieme agli attori di Atopos, sul tema dell’esclusione, oltre a un progetto per creare un laboratorio europeo sulla ricerca identitaria in collaborazione con dueuniversità. 
Tornerà in città dopo una tournée lunga sei anni, in giro per teatri e centri sociali con lo spettacolo Moana Porno-Revolution, l’attrice Irene Serini, diplomata alla Scuola del Piccolo Teatro.
 
Irene Serini durante la rappresentazione di Moana - Porno Revolution
Irene Serini durante la rappresentazione di Moana - Porno Revolution
 
Nonostante la sua carriera in ascesa la porti a lavorare con artisti del calibro di Giobbe Covatta e Gioele Dix, «se avessi parlato di Moana Pozzi solamente nei teatri stabili avrei lavorato solo un anno, non sei. Scelgo mille volte la cultura underground, anche quando significa sotto terra, sepolti vivi.
 
E a Trieste c’è molta curiosità per ciò che non viene proposto nei circuiti istituzionali». Il primo dei suoi progetti in cantiere è un monologo su Mario Mieli, colto teorico degli studi di genere, autore di un testo di filosofia morale basato sull’assunto che ogni persona è potenzialmente transessuale. Il secondo parlerà dell’identità patria in senso più ampio, si chiamerà Italian Selfie e nascerà dall’esperienza autofinanziata di un blog.
 
 
Se Serli e Serini sono attrici professioniste, Graziella Savastano fa invece la professoressa. Attivista Lgbt, è coautrice (insieme a Laura Scarmoncin) di “Il Corpo Lesbico”, basato sul testo del ’73 di Monique Wittig. Presentato a festival e circoli su e giù per l’Italia, tornerà presto in replica a Trieste «in quei pochi spazi alternativi in cui si può ancora fare teatro». 
 
La Savastano ha mosso i primi passi a Trieste con la Fabbirca delle Bucce di Barbara Sinicco, esordendo al compianto circolo Arci di via Manzoni. Quindi le esperienze di teatro di strada e cabaret con Aldo Vivoda: al momento la si incontra ogni due lunedì impegnata sul palco del Pupkin Kabarett, al Miela. Con Laura Scarmoncin, laureata in storia di genere e in passato impegnata in un dottorato a Tampa sulla storia delle donne, è nato il connubio che permesso al Corpo Lesbico di venire alla luce.
 
"Lo spettacolo è stato un successone, lo abbiamo rifatto in altri due spazi come Etnoblog e Circolo di sotto, sempre riempiendo la sala". La prima esperienza di teatro di genere risale però alla metà degli anni 2000, quando al Festival delle Diversità in Androna degli Orti è stasto presentato "La Riserva". Una pièce nata quasi per scherzo che raccontava la storia di un mondo alla rovescia: nella trama, recitata con verve ironica e giocosa, la minoranza delle persone eterosessuali presenti sul pianeta terra era costretta in delle riserve pensate per la riproduzione della specie. La normalità, infatti, era rappresentata dall'omosessualità. 

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