Trieste, il sindaco diffida i triestini “tax free”
TRIESTE «La legge è legge e va rispettata. I militanti del Tlt che pretendono di non pagare le tasse, molto semplicemente, le pagheranno. E pure con la multa». Roberto Dipiazza sorride quando gli si chiede cosa pensa dell’insolito caso di rivolta fiscale portato avanti dagli indipendentisti triestini.
Per il nuovo primo cittadino di Trieste la questione direttamente non si pone: «Non è che uno dice “poiché appartengo a un partito posso non pagare le tasse”», spiega Dipiazza. «Le leggi vanno osservate, è come andare in autostrada. Se vai a 130 non prendi a multa, se vai a 200 prendi la multa. Questi non hanno pagato le tasse, le pagheranno con la multa».
Da archiviare per il sindaco anche l’opzione, ventilata dagli autonomisti, di denunciare il commissario di governo, il prefetto Annapaola Porzio, con un curioso rovesciamento di rapporti nei confronti dello Stato: «Sì, loro possono anche dire che intendono farlo, ma non c’è nessun tipo di strumento giuridico, assolutamente nulla che li possa aiutare» conclude Dipiazza. «È come la carta d’identità del Tlt che un giorno uno mi ha fatto vedere. Gli ho detto: “Vada all’aeroporto e provi a prendere l’aereo con quella carta d’identità"». La schiettezza del sindaco.
La questione ha avuto anche eco nazionale. Massimo Gramellini, vicedirettore del quotidiano La Stampa, ha ospitato la vicenda nel suo tradizionale “Buongiorno”, titolandola “Triexit”. «Duecentoventinove triestini si rifiutano di pagare le tasse. Che città integerrima, in qualunque altra gli evasori sono molti di più. Però questi duecentoventinove non evadono di nascosto, con la miscela di imbarazzo e noncuranza che caratterizza i professionisti del “total black”. Evadono con orgoglio...». E, ancora: «C’è però un aspetto che mi lascia dubbioso: quando un libero cittadino del Libero Territorio viene ricoverato in un ospedale del confinante Stato italiano, chi paga per la sua degenza?».
Ma ieri i militanti non si sono persi d’animo e si sono dati appuntamento in piazza Unità per una mini protesta sotto il palazzo della Prefettura, sede del commissario di governo Annapaola Porzio, con un paio di bandiere in mano. Quindici persone, non di più, tanto che alla fine si contavano più agenti di polizia che manifestanti.
«Siamo qui come segno di solidarietà nei confronti di chi domanda di pagare le tasse giuste», ha spiegato il portavoce del sit-in Stefano Fierro. «Le nostre imposte devono rimanere qua perché non vogliamo mantenere 60 milioni di cittadini italiani, ma solo i 200 mila triestini del nostro territorio». Il signor Fierro non teme le cartelle di Equitalia. «Mi pignorano la casa e lo stipendio? Io sono convinto che riusciremo a far valere le nostre ragioni, quindi questa cosa non mi preoccupa».
Anche la signora Adriana Serviliani, presente ieri in piazza, ha scelto di fare “obiezione fiscale”. Tax-free. «Sì - ha chiarito - perché - io vorrei pagare in modo corretto e quindi intanto non pago, voglio il rispetto della legalità. E se sto male, certo, vado a curarmi negli ospedali italiani così come fanno gli extracomunitari, perché anche noi siamo extracomunitari qua». D’accordo il signor Nevio. «L’Italia ci sta chiedendo tasse illegali, che non rispettano la legge».
Il gruppo ha dunque evocato il Trattato di Pace di Parigi del 1947 «pienamente in vigore», citando in un volantino l’Allegato X dell’articolo 5 secondo cui «Il Territorio Libero non sarà tenuto a fornire alcun contributo per il Servizio del Debito Pubblico Italiano».
Tra i presenti pure Giorgio Marchesich, candidato alle scorse amministrative con “Fronte per l’indipendenza”. «Adesso ci sono i presupposti per riunificare tutti i movimenti - ha detto - la protesta di oggi è sicuramente un buon inizio».
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