Trieste, il Pronto soccorso scoppia: fino a 11 ore di attesa

Tra le cause spazi vecchi e carenze d’organico. Ma il sindacato medici Anaao: anche 260 visite al giorno, l’Azienda sanitaria non fa filtro
Di Piero Rauber
sterle trieste sopralluogo pronto soccorso ospedale di cattinara
sterle trieste sopralluogo pronto soccorso ospedale di cattinara

La pazienza ha un limite. Di questi tempi però - a causa dell’intasamento che si registra in certe giornate e che sta risvegliando un clima intestino da resa dei conti tra Azienda ospedaliera e Azienda sanitaria - chi va al Pronto soccorso di Catinara, a meno che non vi arrivi lottando tra la vita e la morte, o in condizioni palesemente critiche, deve ritarare all’insu, il proprio grado di sopportazione. Deve tendere alla santa pazienza. Chiedere, in proposito, a un cittadino che l’altro giorno, dopo essere stato accolto al triage d’accettazione, ed essersi visto attribuire di primo acchito un codice fortunatamente non urgente, ha dovuto aspettare, per essere visitato, dalle 10 del mattino alle 9 di sera. Undici ore. Un giorno intero. Roba da record. Come da record è la nottata intera che alcuni altri pazienti - pazienti di nome e di fatto - hanno passato appunto l’altra notte, tra mercoledì e ieri.

Per i codici bianchi e verdi (i due gradini inferiori nella scala delle priorità) in ospedale si ammette che talvolta, e ultimamente spesso, l’attesa media si aggira sulle 8 ore e può arrivare a 10, mentre sono garantiti in tempi definiti tecnici, in linea con i protocolli quindi, i codici gialli e soprattutto rossi. Le maratone al Pronto soccorso - dove ieri mattina si segnalava ancora il “tutto esaurito” di barelle, cui hanno contribuito, si può presumere, i malori da caldo - non sono un fulmine a cielo terso. Recenti segnalazioni confermano come in certe giornate la situazione sia effettivamente al limite. E qui non s’è sottratto peraltro mercoledì, nella sua audizione in Commissione sanità del Consiglio regionale, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Francesco Cobello, che ha definito quella di Cattinara «un’area inadeguata e troppo stretta, è chiaro che c’è un problema logistico ed è necessario prevedere un ampliamento anche per rispondere ai picchi», picchi che quando si verificano toccano quota 260 accessi a fronte di una media di 200 lievitata ora verso 220. Qualche giorno fa, ha ammesso lo stesso Cobello, «c’erano oltre 200 persone in attesa». Se si sia trattato del giorno in cui quel paziente ha aspettato 11 ore, e se sia stato sempre quello in cui, pare, qualcuno ha perso la pazienza chiamando la polizia (che nulla può), non è dato sapere. Ma poco importa. Il caldo - si lascia intendere in ambiente ospedaliero - non c’entra. Come c’entra, ma solo relativamente, il nodo organici (attualmente il Pronto soccorso ha 24 medici di ruolo). Il vero problema che si vive sul campo, pare di capire, come dice anche Cobello, sono gli spazi. Ma non solo. L’altro problema, ma qui Cobello prende le distanze, sarebbe la mancanza di “filtri” intermedi (dalla Guardia medica ai Distretti), tali da calmierare gli accessi, da parte dell’Azienda sanitaria (e del suo sistema 118). Una questione già sollevata mesi fa sui “matti” in carico al Pronto soccorso anziché al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura del Maggiore, di competenza del Dipartimento di salute mentale, che risponde all’Ass.

«Effettivamente - rileva come sindacalista Elena Bernobich, segretario aziendale Anaao-Assomed, l’Associazione dei medici dirigenti, nonché operatrice del Pronto soccorso - nonostante le attese e i ticket (previsti proprio per i casi non urgenti, ndr), la popolazione pare cercare al Pronto soccorso le risposte che la “territoriale” (l’Ass, ndr) non sta dando. L’Ass1, pur dotata di professionalità valide, non sembra capace di un’organizzazione interna adeguata. E l’impressione è che non esista un canale di dialogo tra le due aziende. Nelle ultime settimane gli accessi sono aumentati di oltre il 10%. Questo mentre gli spazi dello stesso Pronto soccorso, oltre a essere obsoleti, sono anche irrazionali. Penso alle persone stivate come salami nel triage, o ai codici verdi che sì, è vero, possono aspettare otto, dieci ore». «L’altro giorno - aggiunge la Bernobich - una signora anziana che era entrata alle 11 del mattino, con l’omero rotto, quand’erano le 7 di sera non era stata ancora valutata. Purtroppo a volte in attesa ci sono pazienti di una certa età, col diabete, o con l’ipertensione... Al di là dei numeri del personale, perché è chiaro che dovremmo essere di più, visto che siamo in sofferenza pure coi barellieri, non abbiamo spazi. Non c’è neanche un posto dove far stare in intimità le famiglie con un paziente appena deceduto, in quei casi si chiude una stanza privandola così al Pronto soccorso. Se fa il botto il Pronto soccorso, fa il botto tutto il sistema».

@PierRaub

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