Trieste, il mercato ortofrutticolo nel mirino della mafia
TRIESTE. L'ombra della criminalità organizzata è tornata ad allungarsi su Trieste. Volevano mettere le mani sul Mercato ortofrutticolo di Campo Marzio, stavolta. Una società legata a doppio filo con le Sacra Corona pugliese, da quanto risulta, ha provato a infilarsi nel giro dei fornitori all'ingrosso che opera nella struttura.
Ma dai report della Dia, la Direzione investigativa antimafia, spunta anche altro: Portopiccolo. A Sistiana, negli anni del mega cantiere per la costruzione di residence e resort, ha lavorato un'impresa edile vicina alla 'Ndrangheta.
Una doppia vicenda, rimasta finora in sordina, che è possibile ricostruire grazie a due interdittive antimafia, emesse dalle Prefetture di Trieste e Milano, frutto dell'analisi dettagliata che scatta ogni qualvolta una società si appresta ad avviare un'attività o a partecipare agli appalti. Le verifiche investono il pregresso, i titolari dell'azienda e i singoli soci. Se emergono elementi concreti riconducibili alla criminalità organizzata, scatta l'intendittiva. È quanto accaduto in queste due occasioni. A conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che questo angolino di Nord Est è tutt'altro che esente da un certo tipo di fenomeni. Fa appetito, eccome.
Mercato ortofrutticolo Il nome dell'impresa resta top secret per ragioni investigative. Ciò che si sa è che il soggetto è pugliese: si tratta di un commerciante di prodotti ortofrutticoli che voleva spostare la propria azienda a Trieste nel mercato comunale all'ingrosso di Campo Marzio. Per poter aprire l'attività e ottenere la licenza, ha fatto domanda di iscrizione alla Camera di Commercio. Ma dalle verifiche della Prefettura è emerso un legame con la criminalità organizzata pugliese; gli investigatori citano la Sacra Corona. Di qui l'interdittiva antimafia che ha bloccato sul nascere il tentativo. L'episodio, di cui al momento non emergono ulteriori particolari, si è verificato nel corso dell'ultimo semestre del 2016.
Portopiccolo L'altra interdittiva antimafia porta in calce il timbro della Prefettura di Milano. Nel mirino una società che ha operato nel cantiere di Sistiana dal 2011 al 2014. Stando a quanto filtra da fonti investigative, gli imprenditori erano nella rete della 'Ndrangheta calabrese. La ditta avrebbe lavorato in subappalto con altre due imprese per la fornitura di manodopera e prestazioni edili: gestiva 4 milioni di euro. Una circostanza affiorata l'anno scorso quando la società ha cercato di partecipare a un appalto pubblico in Lombardia. Il nome di quell’azienda era emerso dai controlli delle forze di polizia della Prefettura di Milano che si è servita degli accertamenti condotti in passato dalla Dia di Trieste sugli imprenditori impegnati in Portipiccolo per conto di De Eccher. Il colosso friulano dell'edilizia a sua volta era stato oggetto di un'interdittiva per i lavori della Terza corsia, poi annullata dal Tar e dal Consiglio di Stato. Per aggiudicarsi il cantiere in Lombardia, la società stoppata dalla Prefettura milanese si era offerta con un altro nome, ma i soggetti erano gli stessi di Portopiccolo. Sono stati estromessi dall'appalto pubblico: l'autorizzazione a operare è stata negata.
I controlli L'attività della Dia, per quanto riguarda l'ultimo semestre, ha messo a segno decine di verifiche sul territorio. Controlli sostanzialmente preventivi necessari ad anticipare i rischi di infiltrazione soprattutto nel settore degli appalti e nel sistema finanziario "per scopi di riciclaggio", come si legge in una nota di qualche settimana fa. La Dia di Trieste ha eseguito un totale di 6 "monitoraggi" d'impresa e di 72 persone, sempre nell'ambito delle opere pubbliche. Due, invece, gli accessi ai cantieri veri e propri, per un importo complessivo di circa 133 milioni di euro. A questo proposito sono state setacciate 14 aziende, una settantina tra imprenditori, soci, tecnici e operai. I controlli per il rilascio della certificazione antimafia hanno riguardato, invece, 61 imprese e 589 persone; per l'iscrizione alla "Withe List” della Prefettura, le verifiche hanno interessato in tutto 143 società e un migliaio di operatori. Un'attività capillare per arginare i possibili pericoli di finire nelle mani delle mafie.
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