Trieste, il giallo del coltan venezuelano fermo in Porto da tre settimane

TRIESTE Il coltan di Maduro è a Trieste da tre settimane, mentre a Roma si leva l’interrogazione della deputata dem Debora Serracchiani. Sono 5 tonnellate del valore di 300 mila euro finite sotto sequestro per accertamenti nel Punto franco nuovo. Il misterioso carico venezuelano è arrivato a Trieste a metà marzo via terra stoccato in un container a bordo di un camion dal porto di Livorno dove era sbarcato da una nave proveniente dal porto colombiano di Cartagena.
«Il governo sgombri la nebbia che avvolge da mesi la sorte di un carico di minerale raro strategico spedito dal Venezuela alla volta del porto di Trieste», afferma Serracchiani, rendendo nota una triplice interpellanza ai ministri dei Trasporti, dell'Economia e degli Affari esteri. La parlamentare dem chiede «se il ministro dei Trasporti risulti essere a conoscenza di questo trasporto di minerale verso l'Italia e se il carico abbia davvero raggiunto il porto di Trieste e, ove confermato, se il ministro delle Finanze risulti essere a conoscenza dell'identità del soggetto importatore».
La risposta affermativa arriva direttamente dall’Autorità portuale di Trieste: il coltan è già in Punto franco arrivato su gomma a metà marzo ed è sotto sequestro per accertamenti. Controlli di rito visto che si tratta della prima volta che materiale del genere arriva sul suolo italiano. Un sequestro cautelativo per capire la vera natura del prodotto che è naturalmente radioattivo. Questioni di sicurezza. Non si tratta, va specificato, di traffico illegale e neppure di violazioni di embarghi che non ci sono. Non si conosce neppure l’identità del destinatario ovvero dell’impresa che l’ha comprato.
Quella del coltan venezuelano è una vicenda di cui si parla da quasi un anno. Il 10 maggio del 2018, mentre si trovava sull'isola di Margarita, Maduro aveva annunciato durante una trasmissione dell’emittente pubblica Vtv: «Oggi parte la prima esportazione nella storia economica del Venezuela di un minerale chiamato coltan e verrà esportato dal Venezuela alla Repubblica d'Italia». A rivelare l’approdo finale di Trieste è Dipiazza che rilancia la notizia a Telequattro: «Grazie a Federico Pastor (l’avvocato, già presidente della Ginnastica Triestina, ndr) ho conosciuto queste persone del Venezuela. Loro hanno il coltan che serve per i microprocessori, un materiale ad alto valore aggiunto, altro che la ghisa della Ferriera. Una delegazione è stata portata al punto franco di Wärtsila (FreeEste, la nuova zona franca a Bagnoli della Rosandra, ndr). Li abbiamo già portati a visitare lo spazio e abbiamo anche organizzato un incontro con l’Area di ricerca e Sincrotrone che sono rimasti a bocca aperta. Il contratto è stato già firmato e il ministro delle Esportazioni ha confermato che sono pronti a portare l'azienda in zona franca». In realtà ieri il sindaco “depistava” sulla via del coltan. «Sono arrivate 50 tonnellate in due container. Siccome era radioattivo è stato rispedito in Centro Italia in magazzino attrezzato».
Ma che cos’è il coltan? Un minerale, una sorta di sabbia nera leggermente radioattiva formata da altri due minerali, colombite e tantalite (da cui il nome di coltan). Dal coltan si estrae il tantalio, metallo raro usato massicciamente nella tecnologia di punta: dai cellulari ai computer passando per l’industria aereospaziale e quella degli armamenti. L’80% proviene dalla Repubblica democratica del Congo, dove il suo nome è associato alle brutte storie dei signori della guerra che lo fanno estrarre da persone ridotte in schiavitù, ragazzi inclusi. Le 5 tonnellate di coltan venezuelano dovrebbero essere “certificate” secondo quanto assicurato a suo tempo del ministro di Maduro per il commercio estero Josè Gregorio Vielma Mora. «In Italia non esiste alcun impianto per processare il coltan», aveva però dichiarato nel maggio scorsi l’analista Daniel Valerio Gutierrez.
Che ne sarà allora delle 5 tonnellate che hanno impiegato 10 mesi per arrivare a Trieste? Un mistero. Come pure la durata di Maduro. «É legittimo sapere - scrive Serracchiani - se l’Italia sta commerciando con il Venezuela di Maduro e se Trieste sia la porta di questi traffici». La via del coltan. Altro che la via della seta. —
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