Trieste, il dissequestro dell'Acquamarina slitta a fine anno
TRIESTE Servono nuovi accertamenti tecnici per individuare cause e responsabilità del crollo della piscina Acquamarina. Lo ha deciso il gip Massimo Tomassini dopo l’ultima udienza in presenza delle parti, avvocati e consulenti dei 18 indagati. Gli elementi fin qui raccolti dal perito incaricato dal giudice, il professor Gaetano Russo, non sono stati ritenuti ancora sufficienti a dare un quadro definitivo, soprattutto a fronte della pioggia di contestazioni e osservazioni avanzate dalle parti. Da ricordare che siamo ancora in fase di incidente probatorio, ovvero una vera e propria anticipazione del dibattimento, in cui la prova (in questo caso l’esito della perizia) viene assunta in presenza delle parti e in contraddittorio.
Pioggia di contestazionie
Nei giorni scorsi, in particolare sono state depositate nuove memorie da parte dei consulenti dell’ingegner Fausto Benussi, autore del progetto nonché direttore dei lavori di realizzazione della piscina, e della Zara costruzioni, la ditta che stava effettuando l’intervento di sostituzione dei bulloni corrosi della copertura e i cui operai, appena sentiti i primi scricchiolii, erano riusciti a scappare assieme alla barista, ai fisioterapisti e ai pazienti pochi attimi prima del crollo.
La tesi del perito
Secondo le prime risultanze della perizia di Russo il cedimento non sarebbe imputabile all’intervento di manutenzione in atto il giorno del crollo (era il 29 luglio 2019), allo stato di ossidazione dei bulloni o a mancanze nella manutenzione. Per il perito del giudice all’origine del problema strutturale ci sarebbe stato un errore di calcolo in fase di progettazione. Le contestazioni di consulenti e avvocati, in particolare quelli del progettista Benussi, hanno indotto Tomassini, pur confermando piena fiducia nel perito incaricato, a chiedere ulteriori accertamenti tecnici, non ripetibili.
Esito decisivo
In casi di particolare complessità come quelli riguardanti i crolli di infrastrutture – l’Acquamarina non fa eccezione – è proprio sulla perizia che si decide buona parte del destino giudiziario degli indagati. Tra l’altro, essendo svolta con le forme dell’incidente probatorio, l’esito verrà “cristallizzato” e potrà valere come prova nell’eventuale processo. Ecco perché il giudice ha concordato sulla necessità di poter contare su un quadro quanto più completo possibile, anche per evitare che, una volta chiusi incidente probatorio e indagini preliminari, possano emergere in dibattimento esigenze di ulteriori accertamenti che, a quel punto, non sarebbero più materialmente eseguibili. L’unica possibilità è procedere ora, visto che l’area è sotto sequestro e inalterata. Quando sarà disposto il dissequestro e sarà avviata la rimozione delle macerie diventerà impossibile effettuare nuove verifiche sui materiali. Anche questa considerazione ha indotto a procedere con le ulteriori verifiche.
Il piano degli accertamenti
Il perito presenterà a breve al giudice un piano di lavori, con l’elenco degli accertamenti tecnici da eseguire, cercando di tenere conto anche dei tempi e delle esigenze del Comune, che spera di poter tornare a disporre presto dell’area. Entrando nel dettaglio, una delle priorità sarà rappresentata dal recupero di un “nodo” (un giunto da cui si dipartivano i tiranti tenuti insieme dai bulloni) che aveva ceduto. Occorrerà allestire un cantiere, facendo ricorso a un’impresa specializzata, per rimuovere e tagliare le macerie. Verranno anche prelevati pezzi di materiale da inviare a istituti specializzati per le analisi. Poi, anche in questo caso, gli elementi raccolti saranno valutati davanti al giudice in presenza delle parti e in contraddittorio. L’esito finale della perizia, con la chiusura dell’incidente probatorio, è atteso non prima di dicembre.
Slitta il dissequestro
Nel frattempo il giudice ha già fissato per il 16 settembre la prossima udienza per fare il punto della situazione, per quella data sarà stato definito il piano di lavoro. È chiaro che slittano i tempi per l’atteso dissequestro che non potrà avvenire prima della fine dell’anno e si rischia di arrivare addirittura al 2021. Dunque, per sgomberare l’area dalle macerie se ne riparlerà non prima del prossimo inverno.
La difesa del progettista
«Il professor Benussi resta assolutamente convinto della correttezza delle sue relazioni di calcolo – sottolinea l’avvocato Guido Fabbretti, che difende il progettista assieme al collega Carlo Pillinini –. Crediamo, grazie all’apporto del nostro consulente, l’ingegnere Daniele Ferro, di aver dimostrato che i modelli teorici fin qui elaborati dal perito non potevano risolvere la questione e di aver inoltre fatto emergere altri profili di responsabilità da valutare». «Abbiamo inoltre suggerito alcuni accertamenti tecnici – aggiunge il legale – che non richiedono la rimozione delle macerie, ad esempio usando la videoispezione». —
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