Trieste, il Comune scende in piazza per il “No Patto day”

Martedì prima pietra simbolica di 3 cantieri stoppati dalla “Stabilità”: scuola Dante, galleria Montebello e Ponterosso. Cosolini: progetti pronti e 53 milioni in cassa
Di Gabriella Ziani
Foto Bruni 05.01.13 Mikez e Jakez:a S.Giusto e sul municipio di piazza Unità
Foto Bruni 05.01.13 Mikez e Jakez:a S.Giusto e sul municipio di piazza Unità

Indignata non è solo la gente, indignato è anche il Comune che martedì “scende in piazza” per protestare contro il patto di stabilità che vieta di spendere soldi già in cassa per opere pubbliche. Non è colpa nostra, diranno gli amministratori nel “No patto di stabilità day” al quale invitano tutte le forze politiche e tutti i cittadini. La regìa prevede la posa virtuale di una virtuale prima pietra in tre “cantieri impossibili” del valore di 19 milioni di euro, via Trento e Largo Panfili (pedonalizzazione), media e liceo classico Dante Alighieri in via Giustiniano (scuola a pezzi), galleria di Montebello (viabilità in condizioni penose). La partenza del corteo di ammutinamento, corredato da manifesti con la prima pagina delle delibere su cui sono stati impressi due timbri giganti, “Rinviato” e “Patto di stabilità”, sarà dal Ponte Joyce detto “curto” alle 16.

Corta per non dire finita è anche la pazienza degli amministratori per le norme europee-statali, perché i cittadini guardano di storto il Comune, “non fa niente”. Il senso della manifestazione, più unica che rara, è proprio di spiegare questi meccanismi di finanza imposta, che il sindaco Roberto Cosolini ieri in conferenza stampa ha tradotto in termini più comprensibili: «È come se a una famiglia in possesso di 150 mila euro, perché risparmiati, ereditati, o ottenuti con mutuo non importa, che decide di comperarsi una casa, cadesse in testa una legge che dice: “Non lo puoi fare”».

La lista delle cose impossibili è stata fatta più volte, ma mai completa come adesso. Le opere pronte da cantierare sono 88, per un valore di 53 milioni di euro. Soldi che il Comune ha in casa, ma neanche disobbedendo alle leggi potrebbe spenderli mentre vige il divieto. «La disobbedienza civile può essere del politico, del sindaco - ha spiegato Cosolini -, che però non è autorizzato a firmare delibere, i funzionari invece non potrebbero altrettanto, firmando bandi di gara senza copertura di spesa autorizzata finirebbero denunciati». Un blocco, e pure blindato. E contro questa regola finanziaria già denunciata da tempo da tutti i sindaci d’Italia (nonché bollente brodo di coltura di un crescente antieuropeismo in un’Europa che tanti ormai denunciano come molto “finanziaria” e poco “umana”) Trieste lancia appello alla Regione, mentre la governatrice Serracchiani lo sta lanciando al governo negli stessi termini: «Fuori dai vincoli di stabilità almeno i restauri sulle scuole, ne va della sicurezza dei bambini che non può essere sottoposta a rigorismi finanziari, e fuori anche le opere che proprio lo Stato ha finanziato: come può con una mano approvare progetti e dare i soldi e con l’altra bloccarli?». I controsensi stanno andando contropelo, specie a un Comune «economicamente virtuoso» ha riconosciuto Cosolini, anche ai predecessori.

Per l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto «il danno è doppio, non facendo nemmeno le manutenzioni il patrimonio si dissesta e costerà ancora di più». Coralmente, un pensiero al mondo dell’edilizia: «Cantieri falliscono, 8000 esuberi, e anche questo è un costo non solo umano: persone che non versano Iva, Irpeg e Irpef, e alle quali poi bisogna pagare, sempre con soldi pubblici, la cassa integrazione».

La protesta si chiude con una promessa: «Nel 2014, stilata e portata in Giunta una lista di lavori irrinunciabili, noi li faremo». E come? «Accelerando il piano di dismissioni del patrimonio». Più soldi entrano “in conto capitale”, più si allentano i parametri e in questi spazi dunque la capacità di spesa potrebbe rivedere una piccola luce.

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