Trieste, il colosso Zara porta in giudizio la torrefazione Bazzara
TRIESTE Zara, colosso spagnolo della moda, versus Bazzara, torrefazione artigianale triestina che esporta miscele di caffè. La colpa dell’azienda del capoluogo giuliano? Avere un nome, che corrisponde al cognome dei fondatori, simile a quello della catena d’abbigliamento. Quelle quattro lettere in comune, l’industria di vestiti, che fa capo alla multinazionale Inditex, non le ha proprio buttate giù. Ha battuto invece i pugni sul tavolo e ha avviato un contenzioso davanti all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo). Questa è la singolare vicenda che vede le due imprese coinvolte in una battaglia iniziata nel 2015 a tutela dei rispettivi marchi, nonostante esse operino in settori merceologici del tutto differenti, non siano concorrenti tra loro e comunichino e promuovano valori e concetti diversi.
A proposito di colossi, peraltro, da parecchi anni Franco e Mauro Bazzara – che hanno fondato nel 1998 la Planet Coffee, poi diventata nel 2014 durante un’operazione di profondo rinnovamento aziendale la società Bazzara srl oggi ubicata in via Battisti – promuovono azioni finalizzate a fare rete all’interno del comparto caffeicolo italiano allo scopo di individuare strumenti e strategie condivise dagli operatori del settore proprio per contrastare la scalata dei grandi colossi internazionali sul mercato del caffè.
Per Zara, comunque, evidentemente la somiglianza riportata nel marchio può rappresentare una minaccia da cui doversi difendere. Secondo i suoi legali, infatti, le due consonanti e le due vocali che il cognome dei titolari di Bazzara srl e il marchio spagnolo condividono potrebbero portare a una situazione di confusione tale da pregiudicare il buon nome dell’azienda spagnola.
Nelle scorse settimane si è aperta la vera e propria fase di contenzioso, in seguito a un iter che in realtà è iniziato tre anni fa. Zara si è fatta avanti nei tre mesi successivi la pubblicazione provvisoria del marchio Bazzara a livello europeo, avvenuta nel 2015, periodo di tempo nell’arco del quale tutte le aziende – che, in particolare quando si parla di colossi, hanno degli studi di consulenza che si occupano di controllare solo questo aspetto – possono pronunciarsi contro un marchio per un determinato motivo. In questo caso la contestazione è stata avanzata sia da un punto di vista verbale, che riguarda il suono delle parole, che figurativo, il logo. Seguono dei tempi tecnici, in cui le due parti possono anche sentirsi e valutare di risolvere la situazione in privato, fase che in questo caso è durata quasi due anni e non ha portato a nulla. Si è così entrati nel vivo del contenzioso.
Secondo l’avvocato Andrea Piras, che difende la ditta triestina, ci sono diverse incongruenze. «Esistono dei parametri specifici da prendere in considerazione quando ci si vuole opporre a un marchio – spiega Piras –: il primo è sonoro, e in questo caso vede due parole essere pronunciate in modo molto diverso, e il secondo riguarda le differenze grafiche. Si va poi a vedere il prodotto che si va a vendere. A difesa del logo – prosegue Piras –, quest’ultimo nasce appositamente dai grafici di Bazzara che, partiti da un carattere in Word, lo hanno poi modificato, ispirandosi anche ad altri designer francesi. Quindi hanno creato effettivamente un nuovo carattere, tanto che avrebbero potuto brevettarlo». Per quanto concerne il prodotto, «Zara opera nella moda e nella parte di oggettistica per la casa, quindi non ha nulla in comune con Bazzara che vende caffè – evidenzia –. Pure il bacino di clienti è completamente diverso. L’opposizione per noi dunque è infondata e pretestuosa».
Alla fine spetterà comunque all’Euipo, che non è un organo giudiziario, entro la prossima estate valutare la questione. In caso di esito negativo, la decisione è impugnabile da entrambe le parti in sede legale fino ad arrivare alla Corte di giustizia europea. Nella peggiore delle ipotesi il marchio Bazzara comunque potrà essere utilizzato, ma la sua tutela sarebbe molto più difficoltosa.
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