Trieste, il centrodestra celebra il sigillo a Monassi fra jota e Sauvignon
Di che cosa parlano una quindicina di politici durante una cena speciale da Suban? L’occasione troppo ghiotta e il desiderio, in particolare per una parte del tavolo, di non parlare di politica, ha lasciato spazio alle amenità di una serata di mezza estate in cui festeggiare liberamente il sigillo trecentesco da poco donato dal sindaco Roberto Dipiazza all’ex presidente del Porto Marina Monassi. Sotto la veranda quattro assessori e una decina di consiglieri del centrodestra triestino, radunati dall’ex senatore Giulio Camber, hanno pasteggiato tra selvaggina e vini dei Colli Orientali solo per ricordare «la memoria storica» del Porto per dirla con le parole dell’assessore all’Educazione Angela Brandi.
C’erano gli esponenti della Lista Dipiazza, senza però Roberto Dipiazza e consorte, assenti per motivi teatrali. A rappresentarli però c’erano i consiglieri comunali Francesco Bettio, Massimo Codarin, Francesco Panteca, Vincenzo Rescigno. Decisamente più affollato il parterre di Forza Italia, senza però il capogruppo Piero Camber, ma con Michele Babuder, Everest Bertoli, Maurizio Bucci, Andrea Cavazzini, Manuela Declich, Michele Lobianco e Alberto Polacco. Il Merlot della cantina Rodaro ha avuto più successo, il Sauvignon della stessa casa madre invece ha fatto furori più verso l’ultima parte del tavolo, dove sedeva Camber. Nessun capotavola, qualche posto vuoto ma con tanto di giustificazione accertata: chi aveva un compleanno, chi era fuori Trieste.
Vietato, come si accennava, parlare di politica almeno per i primi quattro posti a partire da sinistra, ovviamente del banchetto. Ma c’è chi ha voluto invece dire la sua. A partire dalla stessa Monassi – senza la sua cagnolina Perla, ora sostituita per motivi naturali dal cucciolo Perlina – che ora vive tra la Slovenia, Trieste, dove stanno i suoi figli, e Roma, ma se può sta in campagna tra le rondini. «Non me l’aspettavo questo sigillo, però mi fa molto piacere» ammette con candore. Ora non sa più nulla del Porto. «Non mi manca, ora ho il premio - dice sorridendo -. E basta. Quando finisci un lavoro così impegnativo, rimangono pochi amici e ti devi staccare, perché altrimenti ci stai male, è fondamentale quando esci, chiudere con le cose, ho imparato da mio padre, che nella Marina militare ogni quattro anni cambiava, bisogna mollare, perché se no diventi pazzo. Il legame affettivo c’è». Fa la mamma, ma da febbraio è diventata presidente del collegio dei revisori dei conti dell’Ater regionale unica, «un incarico leggero rispetto a quello precedente».
Ma per che cosa si sente più premiata Monassi con la consegna di questo sigillo? «Di tante cose che ho fatto, certamente per il Porto, ma mi ero anche molto appassionata in Acegas, avevamo fatto cose grosse, andava bene come azienda – racconta –. Per il Porto comunque ci ho messo l’anima, era il mio lavoro, venivo dal ministero. Tra le opere più significative, le concessioni ai terminal al Molo VI, VII e V, la Siot. E poi il “no” al rigassificatore, lì ero sola. E poi ho assunto tanti giovani».
A complimentarsi con lei – tra il “caffè” di Mario Suban, una Jota calda in tazzina dai sapori quasi orientali, il tris di primi tra cui l’immancabile crespella di spinaci, e un vitello reale assieme un petto di fagianella avvolta nel guanciale cotta alla brace – l’assessore Brandi. «Se non era per lei, oggi i Punti franchi non sarebbero quello che sono». E anche l’assessore al Turismo Bucci. «La storia parte da lontano. Dicevano che eravamo retrogradi quando parlavamo di mantenere i punti franchi con la Lista per Trieste, oggi mettiamone uno anche in Stazione marittima: sfruttiamoli per le navi da crociera». «Siamo qui per festeggiare la Monassi» ha allegramente detto l’assessore alle Risorse umane Michele Lobianco. E poi anche Lorenzo Giorgi, assessore al Patrimonio, arrivato in ritardo per la festa dei saldi di Opicina: «È giusto mettere da parte le diatribe politiche per i meriti».
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