Trieste, i due assassini si ritrovano: Console picchia Cavalli
TRIESTE Giuseppe Console ha aggredito Alessandro “Tex” Cavalli. È successo all’interno del carcere di Padova dove entrambi gli assassini di Giovanni Novacco sono detenuti.
Console è rinchiuso nella casa circondariale dai primi mesi del 2012, mentre l’altro è stato trasferito dal Coroneo in quel luogo di detenzione meno di un mese fa. Si sono visti ed è successo qualcosa. L’episodio dai contorni non ancora chiariti e che evoca vecchi rancori e rapporti deteriorati tra i due, si è verificato nel cortile dell’istituto di pena patavino.
Pare che fin dal giorno dell’arrivo a Padova di Cavalli, Console abbia minacciato l’ex amico e poi dalle parole - in un momento in cui la sorveglianza era meno assidua - sia passato ai fatti. Prima uno spintone e poi qualche pugno. A intervenire tempestivamente in aiuto di Cavalli sono state alcune guardie addette alla sorveglianza che, in breve, hanno diviso i due allontanandoli prima che la situazione potesse degenerare.
Cavalli, preoccupato dopo l’episodio, ha chiesto e ottenuto dai responsabili della casa circondariale il divieto di incontro con l’ex amico e ha chiesto che il difensore, l’avvocato Maria Genovese, venisse informata. Così è stata attuata una forma indiretta di protezione. Nessun contatto con Console. Ora d’aria separati, celle lontane e percorsi diversi all’interno dell’istituto.
Questo per evitare contatti casuali anche per pochi istanti. Perché il timore di Cavalli è che l’altro possa approfittare di qualsiasi situazione per aggredirlo. Non è una condizione facile se si pensa che, in via prudenziale, a Cavalli, considerato l’affollamento della struttura penitenziaria, è stato consigliato addirittura di limitare fortemente l’attività nelle aree comuni, come il cortile o la biblioteca.
Nel mese di marzo del 2011 Console aveva tentato di evadere dal carcere di Gorizia dove allora era detenuto. Aveva agito di domenica, giornata in cui la vigilanza all’interno della casa circondariale era meno serrata. Aveva in mente la fuga dal carcere e aveva messo in atto un piano per impossessarsi delle chiavi tenute alla cinta da una guardia.
L’agente aveva aperto la cella e consentito a un altro detenuto di recarsi con un secchio a prendere l’acqua calda: si trattava di una scusa. Quando era rientrato, l’agente era stato aggredito e trascinato dentro la cella. Mentre l’altro detenuto lo aveva bloccato e gli aveva tappato la bocca per impedirgli di gridare, Console, armato con un pezzo di legno ricavato dal piede di un tavolino, gridando «sbirro di m..., adesso comandiamo noi, dammi le chiavi che se no non so cosa ti succede», aveva picchiato a sangue la guardia provocandogli lesioni guaribili in due mesi. I due detenuti avevano progettato di sfilare dal cinturone dell’agente le chiavi dei cancelli. Ma la guardia - pur pesta e sanguinante - era riuscita a dare l’allarme. I carcerati erano stati così immobilizzati e il piano di fuga era dunque svanito.
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