Trieste, guerra legale sull’Imu in porto: il Comune perde con Romani

L’impresa ha vinto il ricorso presentato alla Commissione tributaria provinciale secondo la quale non deve pagare. Il Municipio si appella al grado “regionale”

TRIESTE Colpo di scena: interrompendo una striscia positiva che durava in pratica da quando era iniziato il contenzioso, il Comune ha perso davanti alla Commissione tributaria provinciale (Ctp) contro un concessionario demaniale portuale sull’annosa vicenda dell’Imu da pagare sui beni utilizzati all’interno dei punti franchi.

A prevalere, contraddicendo una consuetudine giuridico-fiscale che pareva assodata, è stata la Romani & C. Per la verità non è cosa di ieri, perché Romani aveva presentato ricorso ancora nel 2018, avendo impugnato un accertamento notificato nel 2017 ma relativo al 2012. Poi l’imprenditore portuale, specializzato fin dagli anni Trenta in caffè e prodotti coloniali (cacao, spezie), presente anche a Genova (più esattamente a Pozzolo Formigaro nell’entroterra alessandrino) e a Capodistria, aveva ottenuto soddisfazione dalla Ctp nel marzo dello scorso anno e la relativa sentenza era stata depositata nel successivo agosto. Da allora sono scattati i termini per appellare la decisione “provinciale” avanti il grado superiore, la Commissione tributaria regionale.

Il Municipio non ha alcuna intenzione di mollare su una partita dalla quale conta di portare a casa 5 milioni di euro, che potrebbero lievitare calcolando interessi e sanzioni. Di conseguenza, in occasione di una recente riunione giuntale, il vicesindaco Paolo Polidori, detentore della delega al Bilancio (e al contrasto evasione erariale), ha portato una delibera per la costituzione in giudizio. Ancora una volta l’incarico è stato affidato allo studio genovese Uckmar, più esattamente all’avvocato Caterina Corrado Oliva, ormai una veterana di questi fascicoli tributari. La parcella sarà, tutto compreso, di 12.400 euro.

L’avvocato Oliva ha già trasmesso un parere in piazza Unità, nel quale ha rilevato l’opportunità di resistere in giudizio in quanto - riportano le premesse della delibera - «ottenere la conferma della debenza può essere importante anche per i futuri sviluppi del più generale contenzioso tra Comune e concessionari demaniali». Sempre in premessa, la delibera esplicita chiaramente «il rilevante quadro economico-finanziario derivante dall’esito del giudizio tributario». In poche parole, il Comune, che finora aveva vinto i ricorsi degli operatori (Billitz, Pacorini, Grandi Molini, ecc.) e aveva avuto il favore della Cassazione, teme che la soccombenza nei confronti di Romani possa determinare un precedente pericoloso nella storia del contenzioso.

Contenzioso che dura fin dai tempi di Cosolini. Il Comune, sulla base della legge 388/2000, ritiene che i concessionari di beni demaniali in porto debbano pagare l’Imu, qualora l’asset in questione rientri nella classificazione catastale D, relativa alla trasformazione e allo stoccaggio delle merci. —


 

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