Paolo Fattorini, presidente dei genetisti forensi italiani: «Grazie al Dna do un volto al passato»
Il triestino Fattorini (legato alle indagini sul delitto di via Poma) identifica i corpi del Novecento e del presente: «Serviva una traccia grande come un biscotto, basta una briciola»
Dai grandi casi di cronaca nera all’identificazione dei corpi nelle tragedie di ieri e di oggi. Il parere del professor Paolo Fattorini viene sempre più richiesto, in qualità di rappresentante fra i più autorevoli in Italia della cosiddetta genetica forense. Anzi, a dire il vero dei genetisti forensi italiani Fattorini è il presidente, essendo stato eletto, ancora nel 2022, al vertice della “GeFi” (l’associazione che riunisce il corpo a livello nazionale). Con buone probabilità di essere riletto anche per il prossimo biennio.
La genetica forense
Forse la materia risulterà sconosciuta ai più. Cosa che non sorprende: la genetica forense è a tutti gli effetti una disciplina di recente definizione, tant’è che ad oggi non esiste ancora un corso di specializzazione apposito negli atenei italiani. Si può dire senza sbagliare che i genetisti forensi italiani sono nati proprio in concomitanza con la progressiva formazione professionale di Fattorini. La quale prende infatti le mosse dalla facoltà di Medicina e chirurgia di Trieste, per alternarsi tra la specializzazione in Medicina legale poi abbandonata in favore di Chimica biologica.
Esperto in medicina legale
Fattorini, triestino di nascita e residente nel capoluogo giuliano, rincontrerà la Medicina legale qualche anno dopo da ricercatore. Oggi, oltre alla carica di presidente della GeFi di cui s’è detto, è professore associato al Dipartimento di Scienze mediche a Trieste nonché direttore della scuola di specializzazione in Medicina legale.
Eppure il curriculum ufficiale, benché importante, riesce solo in parte a intercettare l’attività concreta che Fattorini porta avanti ormai da anni nel suo campo. La genetica forense si inserisce all’interno del quadro più ampio della medicina legale (dove confluiscono, ad esempio, la traumatologia o la tanatologia forense), concentrandosi in particolare sullo studio del Dna. Facile intuire quale possa essere il valore del contributo “tecnico” apportato da tali studi, in fase di indagini o direttamente di processo.
Una volta non c’erano questi mezzi
Altrettanto semplice è comprendere perché la genetica forense abbia potuto svilupparsi solamente negli ultimi decenni. «Prima degli anni Ottanta – spiega Fattorini – non c’erano i mezzi ma soprattutto non c’erano le conoscenze per compiere determinate analisi». Il professore, seduto a un tavolino davanti a una tazza di caffè, la prende in mano e ricorre a una metafora: «È come se una volta fosse stato necessario avere a disposizione una traccia grande come questo biscotto per avere un riscontro. Adesso è sufficiente una briciola».
Grazie a queste «briciole» e alla qualità delle analisi compiute su di esse, Fattorini si è ritagliato un ruolo di primo piano in numerosi processi di caratura nazionale. In cima ai quali figura senza dubbio il delitto di via Poma, mentre il più recente lo vede tuttora impegnato come consulente nel cosiddetto “delitto del trapano”, consumato trent’anni fa nel centro storico di Genova: le indagini hanno di recente fatto registrare una svolta grazie per l’appunto alle tracce di Dna. E Fattorini è stato quindi contattato dalla difesa del presunto colpevole.
L’identificazione delle vittime
Un altro lato del tutto peculiare del suo impegno professionale riguarda l’identificazione dei corpi vittime di tragedie. Tanto del passato novecentesco – come i caduti delle Foibe – quanto della più stringente attualità, come i naufraghi di Lampedusa. In entrambi i casi risulta decisiva la disponibilità di campioni di riferimento, cioè del Dna dei parenti con cui poter confrontare le tracce ignote. Il resto lo fanno le strumentazioni e l’esperienza di Fattorini e dei suoi collaboratori.
La rapidità con cui le analisi sul Dna sono salite all’attenzione generale induce tuttavia Fattorini a un cauto pessimismo. «Si è capito che una mappatura efficiente del Dna migliora la sicurezza – spiega il docente – ma al contempo aumentano i rischi di un uso improprio». Come nel caso delle sempre più utilizzate piattaforme statunitensi che, in una cornice legale ancora in fieri, permettono di rintracciare tramite database eventuali parenti sconosciuti.
Fattorini legato al delitto di via Poma
Il nome di Paolo Fattorini è apparso più volte sui quotidiani nazionali e in televisione nell’ambito delle indagini per il delitto di via Poma, risalente al 7 agosto 1990 nell’omonima strada di Roma e del quale fu vittima Simonetta Cesaroni con ventinove coltellate. Una prima perizia è stata realizzata da Fattorini in qualità di medico legale – assieme ai genetisti Corrado Cipolla e Carlo Previderè – per conto della difesa dell’ex fidanzato della vittima, Raniero Busco, condannato in primo grado a ventiquattro anni di carcere e poi assolto in Cassazione. Fattorini ha in seguito contribuito alle analisi delle tracce di Dna sul corpo di Cesaroni anche nelle fasi successive.
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