Trieste, giudice smaschera l’etilometro farlocco
TRIESTE Per almeno tre anni un etilometro farlocco che forniva dati sbagliati in eccesso ha “punito” ingiustamente decine e di automobilisti triestini sottoposti all'alcoltest. Lo dice indirettamente una sentenza del giudice Anna Laura Fanelli depositata di recente in cancelleria e sulla cui prima pagina un funzionario del Tribunale ha già apposto il timbro “irrevocabile”. La decisione del magistrato quindi non può più essere modificata.
Ma per vedere riconosciute le proprie buone ragioni e la propria sobrietà al volante un imprenditore quarantenne ha dovuto ingaggiare un braccio di ferro con la burocrazia statale: la battaglia legale si è protratta per quasi cinque anni al termine dei quali la Prefettura ha dovuto annullare la sospensione della patente per tre mesi - comunque già scontati - congiunta al pagamento di una sanzione pecuniaria di 500 euro.
Nella vicenda si è inserita, sempre per decisione della Prefettura, anche Equitalia che ha inviato all'automobilista una cartella esattoriale in cui gli veniva contestato il mancato pagamento della sanzione raddoppiata a mille euro. Questo è avvenuto due anni fa al termine del giudizio di primo grado quando il ricorso era stato respinto.
Opposto il giudizio, come dicevamo, del giudice del Tribunale Anna Laura Fanelli che ha accolto l'appello presentato dall'avvocato William Crivellari e ha “assolto” l'imprenditore riconoscendo il «malfunzionamento dell'apparecchio al momento dell'accertamento».
L'etilometro giudicato farlocco dalla sentenza è il modello 7110, matricola ARP N030, costruito dalla ditta “Draeger”. È in servizio almeno dal 2009 al Nucleo radiomobile dei carabinieri di Trieste ma come ha rivelato l'istruttoria dibattimentale e le perizie «mai era stato sottoposto a interventi». In altri termini manutenzione e verifiche carenti.
Determinante per l'esito della causa in appello si è rivelata la perizia tecnica d'ufficio affidata all'ingegner Giorgio Cappel che ha sempre sostenuto che «l' apparecchio non risulta attendibile. Messo a confronto con altri due dello stesso modello in uso ai vigili urbani dei Comune di Trieste, emerge che i dati forniti sono significativamente superiori a quelli degli altri due».
L'imprenditore era stato bloccato alle 22 del 3 aprile del 2011 nella zona dei Campi Elisi. Sembrava un normale controllo quando un carabiniere aveva proteso la paletta in direzione dell'Audi A3 che stava sopraggiungendo a bassa velocità. «Buonasera, patente e libretto», aveva ordinato il militare. Tutto perfetto, a norma di legge. Poi era entrato in scena l'etilometro e l'automobilista era stato invitato a soffiare nel boccaglio di cartone.
Era emerso un tasso alcolico di 0,57, di poco superiore allo 0,50, la soglia massima ammessa dalla Codice per mettersi al volante. Ancora più controverso il risultato della seconda soffiata effettuata dieci minuti più tardi: 0,53 grammi di alcol per litro di sangue.
La patente gli era stata immediatamente ritirata e sul verbale inviato alla Prefettura i carabinieri avevano scritto “guida in stato di ebbrezza”, senza però aggiungere nulla sullo stato fisico dell'automobilista azzoppato dall'etilometro. Non avevano sottolineato né la presenza di occhi lucidi, né di una andatura barcollante e tantomento di un alito vinoso o di una eccessiva loquacità.
«Non avevo bevuto», ha sempre sostenuto l'imprenditore al centro di questa vicenda e per dimostrarlo ha ingaggiato una battaglia legale a tutto campo. Non ha mai mollato anche quando di fronte al giudice di pace la partita sembrava persa. È ricorso in appello e ha vinto. Oltre al denaro ingiustamente versato gli dovranno essere restituiti anche i punti tolti dalla patente.
Con Equitalia aveva già vinto la sua battaglia e aveva riavuto la somma che era stato costretto a versare.
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