Trieste: “gaffe” sull’Islam, il pm indaga Tuiach
TRIESTE. Sul caso di Fabio Tuiach, riguardante il suo clamoroso post in cui aveva accostato pericolosamente la religione musulmana alla pedofilia, entra in campo la Procura. Il nome del vicecapogruppo della Lega Nord in Consiglio comunale è stato iscritto infatti nel registro degli indagati dal pm Pietro Montrone.
Accusa: vilipendio della religione. L’articolo del Codice penale è il 403. E prevede una multa che arriva a seimila euro. Ad attivare quella che si chiama azione penale è stata la segnalazione della Digos che nei giorni scorsi aveva inviato in Procura le stampate delle pagine di Facebook incriminate. Allegandole a una dettagliata relazione sull’episodio che, quando era accaduto, aveva scatenato non poche polemiche.
Tutto, come detto, era nato da un post. Il consigliere comunale triestino aveva pubblicato su Fb un articolo online de “Il Giornale” sulle affermazioni di un imam che avrebbe esortato il governo danese ad accettare le spose bambine «perché tale pratica è nella cultura dei migranti».
Poi aveva accompagnato il “post” con un’espressione che non dava molto spazio alle interpretazioni. Perché nel suo mirino era finito direttamente Maometto con parole blasfeme. Il “post” non era passato inosservato - e non poteva essere altrimenti - visto che Tuiach rappresenta uno dei partiti di maggioranza alla guida del Comune di Trieste.
Sul suo profilo si era aperto un dibattito e il pugile eletto in Comune aveva chiarito il suo pensiero in un commento che - in un certo senso - aveva persino aggravato la sua “posizione”: «Maometto a 54 anni prese in moglie Aisha di sei ma siccome era un bravo profeta aspettò ben tre anni prima di violentarla. La loro cultura con la nostra non potrà mai andare d'accordo ma i comunisti odiano così tanto la nostra società che se la fanno piacere».
Ma c’è di più. Dopo poche ore il vicecapogruppo leghista al telefono aveva rincarato la dose: «Quello che ho scritto è semplicemente un dato di fatto. Maometto aveva 54 anni quando aveva sposato una bambina di sei e con lei ci è andato a letto quando ne aveva appena nove. Questo dice il loro libro. Un uomo di 54 anni che va con una bimba di sei, come lo chiamate? Per il nostro vocabolario questa è pedofilia. Lo dice uno che crede in Gesù. Non ce l’ho con i musulmani, mi dispiace se quanto affermo li offende, ma questa in Italia si chiama pedofilia». Insomma, come dire, pezo el tacon del buso.
Infatti, successivamente il leghista, che evidentemente non pensava che le sue riflessioni social potessero avere eco, aveva pubblicato un altro post sulla questione: «Mi ha chiamato un giornalista a cui ho spiegato la definizione dal dizionario della parola pedofilia. Un uomo di 54 anni quando sposa una bimba di sei è un pedofilo. Forse in un’altra epoca non era così, io non lo so. Non volevo creare un caso diplomatico e mi scuso con gli islamici. Anche loro devono però condannare gli imam favorevoli alle spose bambine. La mia Fede cristiana mi fa pensare in questo modo, scusate ancora».
Ma - evidentemente - non è bastato. Perché la Procura è entrata in campo. D’altra parte il pugile non è nuovo a episodi analoghi. A maggio lo sportivo, candidato con il Carroccio, si era lasciato scivolare un “mi piace” su un post filonazista. Gli era costato un esposto in Procura in piena campagna elettorale e aveva causato non poche noie a Roberto Dipiazza.
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