Trieste, finanziere a processo per contrabbando
TRIESTE Un timbro ufficiale d’entrata in Italia, due firme e un container - contenente 366 scatoloni di sigarette - misteriosamente svanito nel nulla. O forse mai arrivato in Punto franco nuovo. I nomi emersi da una delicata indagine su questo caso, coordinata dal pm Federico Frezza, sono quelli di Giuseppe Castrignano, 40 anni, Maurizio Spinella, 48, e Agim Vorfaj, 49, cittadino serbo. Sono accusati di contrabbando e falso ideologico. Il primo è un appuntato della guardia di finanza, il secondo un funzionario dell’Agenzia delle dogane, l’ultimo è l’autista del Tir che avrebbe trasportato la merce proveniente dall’Ucraina e diretta, via mare, in Costa d’Avorio. Merce che in realtà a Trieste nessuno è mai riuscito a rintracciare, nonostante il fatto che i documenti di transito avessero comprovato il transito stesso. Secondo il pm gli “incriminati” hanno redatto un atto ideologicamente falso che è stato timbrato accertando l’entrata in Italia (mai avvenuta) delle merci. Sigarette che in questo modo non sono state soggette al pagamento dei diritti di confine. Saranno processati con rito abbreviato dal giudice Giorgio Nicoli il prossimo 11 aprile. Difensori gli avvocati Andrea e Alberto Polacco, Elisabetta Burla e Giuliano Iviani.
«È solo un equivoco. In occasione del processo illustreremo le ragioni dell’estraneità ai fatti da parte dell’appuntato Castrignano», ha dichiarato l’avvocato Andrea Polacco. Ha aggiunto: «Confidiamo nell’accoglimento delle nostre conclusioni». «Il signor Spinella non era a conoscenza di quanto avvenuto. Era stato contattato dall’appuntato per avere un consiglio. È estraneo alle accuse», ha riferito a sua volta l’avvocato Burla.
La data dell’ingresso fantomatico delle sigarette è quella del 13 novembre del 2013. Quel giorno, come emerge dalle annotazioni di servizio dell’Agenzia delle dogane e delle Fiamme gialle, avrebbe dovuto transitare per il Punto franco nuovo un container di sigarette destinato ufficialmente alla Costa d’Avorio. In tutto 366 casse di bionde del marchio Virgina Brand che - stando alla documentazione - avrebbero dovuto essere trasportate da un Tir polacco. Valore superiore a un milione di euro.
Insomma, tutto all’apparenza regolare. Perché i documenti di transito firmati dal militare della guardia di finanza e dal doganiere erano stati accuratamente e diligentemente compilati. E inoltre c’era anche il timbro del “Visto entrata”. Ma il container - identificato dalla sigla “Gesu 4823676” - era svanito nel nulla, come era stato segnalato da «un’informazione spontanea» ai doganieri del Servizio antifrode. Era sparito assieme a tutto il suo contenuto. Come era stato poi rilevato al termine di una affannosa ricognizione sia da parte dei doganieri che dei finanzieri. Subito erano scattate le indagini coordinate dal pm Frezza. Che avevano lasciato ipotizzare un vero e proprio contrabbando di ampie proporzioni gestito da un’organizzazione trasnazionale nella quale risultavano essere stati coinvolti alcuni cittadini turchi.
In pratica - secondo questa ricostruzione - i trafficanti avevano utilizzato un sistema tecnicamente ingegnoso per fare entrare in Europa le sigarette di contrabbando. I documenti prendevano la strada del Punto franco nuovo. Ma il container con le sigarette viaggiava per conto suo diretto non certo in Costa d’Avorio, ma probabilmente in Inghilterra, dove le bionde sarebbero poi state smerciate. Insomma: il gioco delle tre carte. Alla fine nella rete sono caduti i pesci piccoli, un finanziere, un doganiere e l’autista. Che ora saranno processati. L’organizzazione che ha gestito tutto questo non è mai stata identificata. Resta un mistero.
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