Trieste: Ferriera, la montagna di scorie che l’Authority vuole “cedere”
Si vede ma non c’è. Come un gioco di prestigio alla rovescia. Nel mondo reale è un pugno nell’occhio, e pure allo stomaco. Provare una gita sul Delfino Verde verso Muggia e guardare verso Servola per credere. Il fatto è che per i destini della Ferriera (per lo meno come risultano disegnati dall’Accordo di programma sottoscritto giovedì a Roma tra 5 ministeri, Regione, Provincia e Comune più la Spa dello Stato Invitalia, con la riga per la firma dell’Autorità portuale rimasta vuota) la montagna nera di rifiuti industriali sul promontorio Nord a destra della fabbrica, accumulata lì chissà da quanti anni, è un ologramma. Un fantasma, nel senso che le planimetrie allegate allo stesso Accordo di fatto snobbano l’area su cui ricade, e non per amnesia bensì per volontà di chi ha preparato quei documenti.
Morale uno: è un problema grosso da risolvere, che esiste da ieri e il cui completo smaltimento, oggi, è valutato dall’Authority in dieci milioni di euro, che però rischia sulla carta di bloccare l’iter della Piattaforma logistica e non invece, contestualmente, l’eventuale passaggio di proprietà della Ferriera, così come sarà scritto nel bando che sta preparando in base al patto di Roma il commissario Lucchini Piero Nardi, proprio perché l’Accordo ne pare tranciare il cordone ombelicale. Morale due: è un problema serio che va preso di petto dopo che evidentemente è stato trascurato a lungo, ma che (come sostengono Regione, Provincia e Comune, pianeti allineati tra loro ma non ad esempio col ministero delle Infrastrutture guidato dall’alfaniano Maurizio Lupi cui si rapporta l’Autorità portuale e che la sua sigla sul patto romano di giovedì l’ha messa) è finito tra le condizioni che ostano alla firma dell’Accordo da parte dell’Authority, di cui si è trovato a discutere lunedì il Comitato portuale, pur non facendone parte. C’è un altro cumulo che rientra invece in tale Accordo, ed è quello tra fabbrica e mare, dalla parte opposta, per la cui bonifica la tabella allegata stima tra il milione e mezzo e i due milioni sugli almeno 18 che l’Accordo mette a carico del privato titolare della Ferriera.
A leggere le carte, a cominciare dalla stessa relazione dei tecnici di Marina Monassi diffusa nella serata di ieri (in cui si legge appunto che «l’Accordo di programma esclude tra le attività oggetto dell’Accordo medesimo la rimozione del cosiddetto cumulo 1», cioè la montagna di cui sopra) lo stato delle cose porta a dedurre che non ci sia nesso tra questa montagna e l’Accordo di programma.
Eppure un nesso può esserci. Ed è costituito dall’opzione - così almeno sostiene la nota dell’Authority - di uno spostamento di quei cumuli all’interno dell’area della Ferriera soggetta a compravendita. Passando così per certo il cerino a Lucchini, se non addirittura ad Arvedi o chi per Arvedi. Il che accelererebbe sì l’iter della Piattaforma logistica, non altrettanto quello della ripresa della Ferriera. «Le aree demaniali in questione - ancora la nota dell’Autorità portuale - sono interessate sia dal I stralcio della Piattaforma logistica che dal II, dato che il sedime ove sorge il cumulo 1 è a cavallo tra i due interventi. La rimozione è stata solo parzialmente avviata dalla Servola Spa nel mese di dicembre per un quantitativo di circa settemila metri cubi. Affinché i lavori del I stralcio abbiano inizio è necessario rendere disponibile l’intera area con la rimozione di ulteriori 114mila mc, in modo da rispettare le clausole contrattuali previste dal progetto della Piattaforma logistica. Per ottenere tale risultato occorre tuttavia avviare le procedure di gestione ambientale per i materiali giacenti nel cumulo 1 previo trasferimento di questo materiale in altre aree all’interno dello stabilimento e conseguente avvio delle procedure di trattamento o smaltimento a cura e spese della Servola Spa o del nuovo soggetto che gestirà lo stabilimento stesso».
@PierRaub
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