Trieste, estorsione con palpeggio: condannato trans

Un anno e sette mesi per aver minacciato un uomo costringendolo a pagare una prestazione sessuale mai avvenuta
Lasorte Trieste 15/10/08 - Nuovo Parcheggio a Pagamento, Via della Zonta
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TRIESTE Un trucco semplice: quello di palpeggiare nelle parti intime un cliente, un frequentatore del Borgo Teresiano, per poi costringerlo a consegnare dei soldi. Sostenendo, in sede processuale, di averlo fatto perché il cliente stesso non voleva pagare una prestazione sessuale.

 

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Una tecnica riproposta ancora una volta: nonostante il rifiuto della prestazione di cui il cliente aveva avuto l’“assaggio” non richiesto, il trans aveva infatti comunque domandato il compenso. Anzi lo aveva preteso con una certa energia. Cento euro. Se l’altro non avesse pagato, ci sarebbero state delle conseguenze: questa la minaccia di Gabor Gabor, 23 anni, transessuale rumeno, il protagonista di questa vicenda. Aveva detto che, allora, per ottenere il denaro preteso avrebbe chiamato alcuni suoi amici per dargli una lezione. Così il cliente-vittima pur di cavarsi dall’inghippo evitando situazioni imbarazzanti era andato a uno sportello bancomat e dopo aver prelevato il denaro aveva velocemente consegnato al transessuale la banconota da 100 euro. Ma poi era andato in Questura e aveva raccontato tutto. E ora è arrivato il conto per l’estorsione avvenuta nell’estate di due anni fa. Un anno e 7 mesi: questa la pena che Gabor ha patteggiato davanti al gup Guido Patriarchi dopo l’ok del pm Federico Frezza. Il giudice gli ha riconosciuto le attenuanti generiche. Il trans è stato difeso dall’avvocato Stefano Briscik.

 

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Udine 06 Marzo 2014 puttantur Copyright e Foto Press - Massimo Turco

 

Ma quello rievocato nel processo non è stato il primo episodio in cui il transessuale habitué del Borgo Teresiano si è, come dire, distinto. Qualche tempo fa aveva rubato il portafoglio e alcuni oggetti di valore ai clienti trovati sulla strada. Nello scorso luglio Gabor era stato arrestato dopo essere stato accusato da un friulano (in città per lavoro) di avergli rubato una sera a Sant’Antonio il cellulare e di aver preteso in cambio della restituzione dell’apparecchio tutto ciò che lui aveva nel portafogli, in quel momento 40 euro. Per questo fatto in marzo era stato condannato in abbreviato a un anno e 8 mesi. Nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Luigi Dainotti, assistito dall’avvocato Briscik, Gabor aveva però raccontato un’altra “verità”, e cioè che lui si era impossessato dello smartphone del friulano poiché quest’ultimo si era rifiutato di pagare la cifra concordata per poter avere un rapporto con lui, trattenendo il telefonino finché il “cliente” non gli aveva reso ciò che gli spettava. Di fronte a un racconto così diverso il gip ne aveva disposto la scarcerazione ma aveva anche messo in agenda una nuova deposizione del presunto “cliente”. Il quale, successivamente, aveva ribadito la stessa versione che aveva portato al primo arresto di Gabor: «Ha tentato di sfilarmi il portafogli, me ne sono accorto e ho preso il cellulare per chiamare le forze dell’ordine ma lui me l’ha strappato dalle mani chiedendomi di dargli i soldi». La fatalità però ha voluto che qualche giorno dopo un altro uomo denunciasse di esser rimasto vittima di un analogo episodio, di sera, in centro città: «Mi ha offerto una prestazione, mai avvenuta, poi mi si è avvicinato e mi ha afferrato la collana che porto al collo minacciandomi di strapparmela. Mi ha pure detto di stare attento, perché in zona c’era il suo fidanzato. Ho preso dal portafogli una banconota da 50 euro per liberarmi di lui, me l’ha sfilato e si è preso tutti i 260 euro che c’erano dentro, e finalmente se n’è andato».

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