Trieste: emergenza Silos, lo sgombero slitta ancora

Oggi incontro decisivo per individuare siti alternativi. In pole il capannone in via Rio Primario
Alcuni dei migranti accampati da giorni sotto le volte fatiscenti del Silos (Lasorte)
Alcuni dei migranti accampati da giorni sotto le volte fatiscenti del Silos (Lasorte)

TRIESTE A tre giorni dall’ispezione del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda sanitaria, l’emergenza profughi al Silos non ha ancora una risposta certa. Dal Dipartimento è già partita una lettera a Comune e Prefettura con la richiesta di sgombero. Il documento è stato recapitato mercoledì, all’indomani del sopralluogo degli esperti, ma la struttura - dichiarata priva di qualsiasi requisito igienico - è tutt’ora occupata da decine di profughi afghani e pachistani che vivono in baracche di cartone, nel fango e nella sporcizia.

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La situazione dei profughi al Silos (foto di Andrea Lasorte)

Il sindaco Roberto Cosolini e il prefetto Francesca Adelaide Garufi sono alla ricerca di un posto dignitoso dove trasferire queste persone e la soluzione potrebbe arrivare oggi, in mattinata, al termine di un vertice tra le due istituzioni nel Palazzo del governo di Piazza Unità.

L’ipotesi più accreditata in queste ore è quella più volte ventilata nel corso della settimana: un capannone industriale di via Rio Primario, nei pressi della Risiera. Un sito che il Municipio prenderebbe in affitto da un privato, già dotato di bagni e acqua. Buona parte dei profughi - una sessantina dei centottanta del Silos - troverebbe ospitalità lì. Per gli altri sono stati presi in considerazione vari immobili, tra cui uno a Prosecco.

Sono dunque in ballo non una, ma più strutture, visto che si punta a evitare ammassamenti. «Si stanno vagliando varie alternative, credo comunque che riusciremo a spostare tutti la prossima settimana», afferma l’assessore al Welfare Laura Famulari, in prima linea nella gestione dei flussi migratori nel capoluogo. Una partita delicata, foriera di tensioni sociali in tutta la regione.

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Foto BRUNI -28.08.15 Silos:il ricovero per profughi

A Udine, dove decine di stranieri dormono per strada, sui marciapiedi, nei parchi e sotto i porticati, il sindaco Furio Honsell ha già parlato di «insostenibilità» e di «emergenza». Il sindaco di Trieste Cosolini ne è consapevole e chiede ai partiti di non «strumentalizzare» il problema. «Daremo una risposta nel più breve tempo possibile, come preannunciato», puntualizza.

«Sono passati tre giorni dal sopralluogo dell’Azienda sanitaria, lo so, ma non mi sembrano tanti visto che stiamo valutando l’idoneità e la sicurezza di tutti i siti possibili, calcolando i costi e trattando con i proprietari». Inoltre, aggiunge il sindaco, «vorrei ricordare che da un anno stiamo tenendo in città ben cinquecento migranti in condizioni ottime. Chi fa polemiche ci imputa che siamo in un'emergenza, ma qualsiasi proposta viene respinta. E senza offrire alcuna soluzione. Si parla di un posto - insiste Cosolini - e non va bene. Gira voce di un’altra struttura e si raccolgono firme contro. E così via. Allora si dica cosa si vuole, visto che qui arriva gente ogni giorno e la città è in grado di ospitare e di seguire nel migliore dei modi cinquecento migranti. Se si va oltre non siamo attrezzati».

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Il sindaco fa riferimento anche e soprattutto alle dure critiche sollevate dalla Lega Nord. «Non si rendono conto delle micce che accendono - incalza Cosolini - falsificano la realtà, sono degli inquietanti irresponsabili. Questa è gente che scappa da stupri e da decapitazioni, da Paesi in guerra. Se La Lega vuole che si spari a queste persone ai confini abbia il coraggio di dirlo e se ne assumano la responsabilità».

In questi tre giorni il Silos è stato sottoposto ad alcuni interventi di pulizia. Se ne sono incaricati gli operatori dell’Ics, che si sono serviti dell’aiuto degli stessi profughi. «Abbiamo tolto abbastanza spazzatura - spiega il presidente Gianfranco Schiavone - possiamo dire che è un po’ meglio, ma servono pale e un mezzo adatto per la rimozione del resto. Mi rendo perfettamente conto che quei ragazzi sono ancora là ma - rileva - più di pulire, rafforzare la nostra presenza e cercare un luogo alternativo, cosa possiamo fare di altro? I ritardi non sono adesso, ma nella programmazione. Si doveva valutare precocemente la disponibilità di posti di prima accoglienza. Ora sono necessarie strutture adatte, non troppo grandi, in modo da non creare situazione emergenziali di ghettizzazione. È quanto stiamo cercando».

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