Trieste e Gorizia unite: il patrimonio è di 87 milioni
TRIESTE. Chi avrebbe mai pensato che quella di Gorizia è la Camera di commercio più patrimonializzata delle quattro friulo-giuliane? Parliamo di 61 milioni, valore tallonato dall’ente camerale di Udine con 58 milioni, mentre Pordenone con 38 e Trieste con 26 milioni seguono a rispettabile distanza. Azienda speciale del porto di Monfalcone, quartiere fieristico, casa dello studente sono gli asset principali che consentono alla Camera isontina di intraprendere l’aggregazione con la confinante triestina senza troppi complessi di inferiorità. La costituenda Camera della Venezia Giulia si avvarrà, dunque, di una cospicua dotazione patrimoniale complessiva pari a 87 milioni, in aggiunta al “parco aziende” composto da 35 mila unità.
Ieri i due presidenti, il triestino Antonio Paoletti e il goriziano Gianluca Madriz, hanno presentato il progetto di unificazione, i cui aspetti tecnico-formali dovrebbero essere definiti nel giro di un anno, mentre l’effettiva carburazione dell’accorpamento necessiterà di un periodo fra i tre e i cinque anni. Il primo simbolo della programmata unione giuliana è il segretario generale Pierluigi Medeot, responsabile unico della struttura amministrativa (84 dipendenti) per entrambi gli enti. Proventi e oneri “bi-camerali” pareggiano a 8,5 milioni. Le spese di personale caleranno del 9% nel triennio 2015-17 e dovrebbero attestarsi a circa 3,4 milioni. Il risparmio, ottenuto dal dimezzamento degli organi direttivi, è calcolato in meno di 50 mila euro lordi. Volontà delle due amministrazioni è destinare alla promozione economica dei territori circa 880 mila euro nel 2016 e 937 mila nel 2017.
Le parole d’ordine dell’operazione “Venezia Giulia” sono due: complementarietà e specificità geoeconomica. Porti, logistica, transfrontalierità, attività fieristica rappresentano gli ambiti che maggiormente caratterizzano e/o accomunano i territori.
La “specificità geoeconomica”, molto insistita anche nei documenti che scortano la proposta aggregativa, ha invece un significato politico-normativo: è infatti un’espressione presente nel testo di riforma avviata, poi stralciata, dal governo Renzi. In questo modo, poichè la fusione giuliana viene impostata avendo quale riferimento la “vecchia” legge 580/1993, le Camere triestina e isontina mettono le mani avanti, premunendosi di un criterio che verrà presumibilmente richiamato dalla futura riforma. A scanso di cattive sorprese: la riforma-Renzi prevede la soglia di 80 mila aziende per creare una Camera. Trieste e Gorizia ne hanno molto meno, ma la “specificità geoeconomica” (confine, minoranza slovena) dovrebbe salvaguardarne l’esistenza. Non a caso, Paoletti e Madriz hanno detto che il mondo politico regionale «è stato informato» dell’intenzione aggregativa.
A significare la favorevole attenzione degli ambienti economici sloveni l’intervento di Walter Stanissa. A sottolineare, invece, l’interesse del rilevante settore assicurativo Gianfranco Vecchiet. Adesso le due delibere giuntali volano al ministero dello Sviluppo Economico per ottenere il via libera con apposito decreto.
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