Trieste, dodicenne violentata per anni dal patrigno
TRIESTE Abusata per due anni e mezzo. In casa, dal patrigno. La vittima è una dodicenne psicologicamente fragile e affetta da ritardo mentale, seguita dal Dipartimento di Neuropsichiatria infantile. Una ragazzina di origini straniere, mai andata a scuola, trapiantata in Italia e finita nelle mani di un carnefice.
L’orrore si è consumato in un appartamento di via Settefontane, a Trieste, e in una cascina di campagna, a Porpetto, in provincia di Udine, dove la famiglia si era trasferita per un periodo.
Il patrigno, un quarantatreenne del Sud con precedenti penali, adesso è in carcere.
Le violenze sessuali sono state scoperte per puro caso dalla madre dell’adolescente, all’epoca dei fatti convivente del quarantatreenne.
La mamma ha sorpreso il compagno mentre baciava la figlia nel fienile dell’abitazione di Porpetto, dove il quarantatreenne aveva addirittura ricavato una sorta di “camera da letto” per gli incontri nascosti con l’adolescente.
La ragazzina si è confidata con un amico che chiamava “zio”, seppur con difficoltà e paura, nelle settimane successive.
L’indagine, avviata dai Carabinieri di Torviscosa, è partita così. «Mia figlia negli ultimi giorni è agitata – aveva spiegato la mamma nella denuncia – e, quando le chiedo il motivo, lei mi risponde che preferisce buttarsi sotto a una macchina piuttosto che dirmi la verità».
Dai racconti della dodicenne sono emersi «almeno venti abusi», come si legge nella testimonianza della vittima riportata negli atti giudiziari.
Dalle ricostruzioni investigative è stato accertato che le “attenzioni” del patrigno sono cominciate nel 2016 nell’appartamento di via Settefontane. Il quarantatreenne allungava le mani quando si trovava sul divano assieme alla ragazzina e la mamma era in un’altra stanza. «Mi baciava e mi accarezzava...», ha riferito la dodicenne. «Non riuscivo a fare niente perché avevo paura di lui... vedevo che picchiava mia madre...temevo che pestasse anche me». Parole che trovano conferma nei procedimenti penali già pendenti sull’uomo: indagini per maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate ai danni della convivente. Sul caso era intervenuto anche il Tribunale per i minorenni che aveva disposto per l’uomo il divieto di avvicinamento alla compagna e alla figlia. Disposizioni che l’indagato ha spesso violato, tanto da finire in carcere. Ed è lì che in questi giorni è stato raggiunto anche dall’ordinanza di misura cautelare – firmata dal gip Guido Patriarchi del Tribunale di Trieste – per le violenze sessuali.
Abusi che, secondo gli investigatori, si sono verificati pure nella casa di campagna di Porpetto. In quel fienile dove l’uomo aveva portato letto, lenzuola e coperte. La minore era costretta ad andare dal patrigno «su convocazione».
«Mi diceva che dovevo imparare queste cose per il futuro – ha raccontato ancora l’adolescente – quando mi sarei sposata. Acconsentivo alle sue richieste perché vedevo come picchiava la mamma», ha ripetuto la ragazzina agli inquirenti nella sua deposizione, con l’assistenza di una psicologa.
La madre, in casa, a un certo punto si era accorta «di uno strano atteggiamento» del compagno nei confronti della figlia. «Faceva apprezzamenti fisici su di lei, dicendo che aveva un bel seno – si legge nella testimonianza della donna – fintanto che in un’occasione (una sera di luglio dell’anno scorso, ndr) ho visto entrambi nel fienile mentre erano abbracciati a letto e si baciavano. Io mi sono arrabbiata... e lui mi ha risposto che aveva bisogno di una vergine, che era meglio se la ragazza si fosse innamorata di lui, che non le faceva del male, piuttosto che di un altro. E che poteva metterla incinta».
Abusi che nella minore, evidentemente succube del patrigno, avevano innescato dinamiche relazionali di dipendenza. «Quando il mio convivente è stato arrestato – ha aggiunto ancora la madre – mia figlia era triste. Passava ore nel fienile a piangere e a guardare le foto di lui». —
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