Trieste. Dieci anni all'ombra di Mikeze e Jakeze, l’orologiaio dei mori re per un giorno
Luca Vitale, mastro orologiaio, controlla i battiti dell'orologio della torre del Municipio. Per un giorno esce dall’ombra. Ad incoronarlo l’associazione culturale “Amici del caffè Gambrinus”, che riprende la tradizione del “re per un giorno”: portare agli onori delle cronache un personaggio poco conosciuto eppure prezioso per la vita cittadina

Dieci anni trascorsi all’ombra di Mikeze e Jakeze, i due mori più noti della città. Loro famosi, celebrati nella storica rubrica radiofonica “El Campanon” e vivi nei ricordi di chiunque si sia fermato a Trieste per qualche tempo, da Leonor Fini a Bobby Solo. Lui sconosciuto, nascosto nella torre dell’orologio del Municipio, a controllarne puntigliosamente i battiti. Ma per un giorno soltanto il popolare ritornello del Campanon («Chi che noi semo, signori e signore, dirlo no cori, za tuti lo sa, Mikeze e Jakeze, bati le ore, bati le ore de questa cità») si inverte e lui, Luca Vitale, il mastro orologiaio dietro le quinte, il vero campanaro senza il quale i due mori non sarebbero altro che immobili statue, esce dall’ombra. Diventa il re della città.
A incoronarlo l’associazione culturale “Amici del caffè Gambrinus”, che riprende dopo alcuni anni di pausa la tradizione del “re per un giorno”: portare agli onori delle cronache un personaggio peculiare, poco conosciuto eppure prezioso per la vita cittadina. «Credo basti guardarsi intorno senza preconcetti per raccontare delle belle storie - spiega il presidente dell’associazione Giovanni Esposito -, e quella del trentottenne Luca Vitale, così come degli altri “re” incoronati negli ultimi anni, lo è». Storia di fatica e sudore: Vitale, racconta Esposito, da dieci anni cura la manutenzione dell’orologio del Municipio. Sale sulla torre nei giorni di sole e nei giorni di bora, si chiude in una stanza di pochi metri quadri e da lì olia e manovra i delicati meccanismi del tempo. «È uno di quei mestieri sempre più rari - prosegue Esposito - per cui serve sporcarsi le mani. L’odore del grasso di balena per ungere gli ingranaggi Vitale se lo porta fino a casa, insieme alla fatica quotidiana di scale da salire e da scendere».
Ma a fare da contrappeso, come nei meccanismi dell’orologio, c’è la passione e l’orgoglio di svolgere un lavoro utile alla comunità: «Luca Vitale sa che in tanti si regolano secondo il “suo” orologio - dice Esposito - anche se indica l'ora sbagliata, persino chi riconosce che il proprio orologio segna l'ora giusta».
Con il suo lavoro Vitale entra a far parte di una storia più vasta: dall’orologio alla torre e dalla torre alla piazza. Si può iniziare col ripercorrere a ritroso la storia del torrione con orologio, sopra il quale due mori, Mikeze e Jakeze, dal 1876 scandiscono il tempo con i loro rintocchi. Un anno prima ecco il palazzo del municipio, eretto nel 1875 sulle rovine del vecchio Palazzo del Magistrato, grazie a un progetto dall'architetto triestino Giuseppe Bruni. E allargando la veduta a piazza Unità, riportando le lancette al primo Novecento, si possono ricordare gli avvenimenti di cui la piazza fu partecipe: qui migliaia di triestini, il 3 novembre 1918, salutarono l'annessione all'Italia e il 26 ottobre 1954 qui si affollarono per celebrare la riannessione. Sotto la stessa torre dell’orologio, Mussolini nel 1938 annunciò le leggi razziali. E cosa fecero i due mori dell’orologio, fino ad allora imperturbabili come recita il refrain del Campanon «Mi no me pronunzio, mi fazzo din-don»? Una leggenda metropolitana, che come tutte le leggende esprime sentimenti collettivi, narra che in quell'occasione, cocciuto e bastian contrario, l'orologio si fermò.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche