Trieste, Depositi Costieri va all'asta: si parte da 6,2 milioni
TRIESTE Dopo oltre trenta mesi dal fallimento dichiarato a fine gennaio 2018 - su richiesta della Procura a causa dei 30 milioni di debito nei confronti dell’Agenzia delle dogane per mancato pagamento delle accise - la Depositi Costieri spa viene messa in vendita dal curatore della procedura Piergiorgio Renier.
Le offerte, soltanto telematiche, dovranno essere formulate entro il mezzogiorno di sabato 7 novembre - si legge nell’avviso delle vendite mobiliari e immobiliari firmato da Renier - mentre l’eventuale gara (sempre telematica) si svolgerà parecchi giorni dopo, lunedì 30 novembre sulla piattaforma www.fallcoaste.it. Nel febbraio 2018 Renier aveva dichiarato che avrebbe gestito la società con l’obiettivo di venderla, chiarendo che «di solito ci vogliono cinque o sei mesi prima di raggiungere un risultato»: il tempo occorso si è rivelato decisamente più lungo.
Il ramo d’azienda - riporta assai genericamente l’annuncio di Renier - contiene immobili di proprietà, immobili su area demaniale, impianti, macchine, attrezzature, mobili, arredi, contratti. Una ventina di dipendenti. Per un totale di 6 milioni 263.000 euro come base d’asta.
Ma cerchiamo di andare oltre le scarne indicazioni fornite dal curatore. Depositi Costieri, domiciliato in via Rio Primario dietro la Risiera di San Sabba, è rimasto funzionante e basa da 34 anni la sua attività sull’arrivo/spedizione di combustibili.
In particolare, da quanto è dato sapere, il futuro acquirente avrà a disposizione 26 serbatoi, di cui 9 dedicati alla nafta, 15 al gasolio, 2 all’olio di palma. In termini quantitativi la potenzialità del gasolio è di oltre 78.000 metri cubi, quella della nafta è di oltre 45.000 mc, residuale a 6.800 mc quella relativa all’olio di palma diretti alla centrale elettrica di Gorizia. In totale siamo attorno ai 130.000 metri cubi.
Cinque “tank” appartengono a Depositi Costieri, 21 all’Autorità portuale, di cui 20 in concessione e 1 in affitto (attualmente non operativo). I quattro più grandi hanno una capienza pari a 12.000 mc. Siamo in regime di punto franco, denominazione “oli minerali”.
I prodotti arrivano/partono utilizzando tre modalità: la nave, la ferrovia, la strada. Il pontile fino a 180 metri riesce a operare due unità alla volta, fruendo di un pescaggio di 10,5 metri. Ai tempi della famiglia Napp, le bettoline caricavano il combustibile attraverso le pipeline del terminale e si recavano sottobordo per fare “il pieno” alla nave committente. Il binario ferroviario ha come referente la stazione di Servola. Il traffico su strada avviene mediante autobotti.
Depositi Costieri nasce nel 1986 prendendo il posto del vecchio porto petroli di San Sabba e diventa operativo il primo agosto 1989. Lavora in collaborazione con Agip e Ip. Nel 1991 i quattro depositi esistenti nell’area diventano un solo sistema organizzativo. Fino al 2015 la “spa” vede una partecipazione paritetica al 50% tra Eni e Giuliana Bunkeraggi, l’azienda controllata dalla famiglia Napp: anche il governo societario è paritetico, gestito da due amministratori, uno per azionista.
La svolta, che avrà pesanti ripercussioni economiche e penali, avviene nel 2017, quando i Napp cedono Depositi Costieri per 4,5 milioni a una società che si chiama Life, composta in gran parte da imprenditori campani. Da lì a qualche mese la Prefettura di Trieste, allora retta da Annapaola Porzio, emette un provvedimento di interdizione per timori di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. In vinculis finiscono i soci di Life Giuseppe Della Rocca, Renato Smimmo, Pasquale Formicola. Salta fuori un ingente giro di fatturazioni false e di evasione dell’Iva. Ma salta anche fuori che Franco Napp, dichiaratosi sempre innocente, non aveva pagato le accise sulle estrazioni di carburante effettuate dalla società Maloa. Il debito di Depositi Costieri si riverbera sull’ex controllante Giuliana Bunkeraggi, a sua volta finita in concordato preventivo: ancora da alienare due unità e la quota detenuta in Tami (Ttp). —
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