Trieste, delitto Giraldi: condanna bis per Fiore

Confermati in Appello i 12 anni di carcere inflitti in primo grado all’uomo ritenuto autore dell’omicidio del tassista nel 2003
Lasorte Trieste - 23 11 03 - Omicidio Tassista - Taxi - Carabinieri
Lasorte Trieste - 23 11 03 - Omicidio Tassista - Taxi - Carabinieri

TRIESTE Condanna confermata per il quarantaquattrenne Antonio Fiore, ritenuto autore dell’omicidio del tassista Bruno Giraldi, ucciso nella notte del 23 novembre 2003 in Riva da Verrazzano, nei pressi del Canale Navigabile, a bordo del suo taxi.

La Corte d’Appello, dopo quattro ore di Camera di consiglio, ieri ha pronunciato la sentenza: 12 anni di reclusione. Gli stessi stabiliti in primo grado dal giudice Giorgio Nicoli: il magistrato, a fine marzo dell’anno scorso, aveva accolto nel processo in rito abbreviato le richieste formulate dai pm Lucia Baldovin e Federico Frezza.

Gli investigatori della Squadra Mobile e dei Carabinieri erano risaliti al quarantaquattrenne nell’agosto del 2014 dopo aver scoperto che la pistola usata per ammazzare Giraldi, una Beretta 7,65 dalla matricola abrasa, era stata nelle disponibilità proprio di Antonio Fiore, noto con il soprannome di “Anton” negli ambienti dello spaccio.

L’arma era spuntata nel corso di un’indagine per droga nella casa di Silvano Schiavon, 46 anni, durante una perquisizione dei Carabinieri del Nucleo investigativo. Nella stessa estate del 2014, grazie agli accertamenti dei Ris di Parma, era stato possibile collegare la rivoltella all’omicidio Giraldi.

Le analisi (la perizia balistica era stata affidata a Luigi Bombassei De Bona, un tecnico considerato tra i maggiori esperti d’armi) avevano dimostrato che il bossolo calibro 7,65 mm Browning (quello che aveva ucciso Giraldi, ndr) proveniva proprio dalla pistola semiautomatica Beretta modello 70 calibro 7,65. Il bossolo, da quanto ricostruito, era stato esploso da quella pistola durante una lite tra lo stesso Giraldi e Fiore per il pagamento della corsa in taxi. Un banale litigio, dunque, al quale aveva assistito Fabio Buosi, già condannato: quest’ultimo, ritenuto inizialmente l’autore del delitto, era nell’automobile al momento dell’omicidio.

Ma le prime prove emerse a carico di Fiore erano scaturite dalle dichiarazioni di Alfonso Forgione, 32 anni, un suo ex amico. L’uomo aveva ceduto dopo tre interrogatori riferendo delle confidenze avute dall’amico d’infanzia: «Dopo circa due mesi dall’omicidio, in un nostro incontro casuale, lui (Fiore, ndr) mi ha detto testualmente: “Hai visto il telegiornale?”. E poi: “Ho ammazzato io quel tassista”. Io sono rimasto senza parole, non sapevo che cosa dire».

Tre dunque le prove di peso nel processo: la testimonianza di Forgione, la pistola, riconducibile a Fiore, e la perizia balistica.

Fiore, difeso dall’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano, ieri non era presente in aula. In sede di Appello, comunque, non è mancata l’attività istruttoria: sono stati sentiti come testi alcuni degli investigatori che all’epoca avevano condotto le indagini.

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