Trieste, D'Agostino: «Puntiamo sulla Cina, molo VIII attrattore»

TRIESTE. La filosofia Zen(o) conquista l’Oriente. Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale la studiava da tempo e l’ha messa in pratica facendo da apripista con una serie di colloqui avuti un paio di settimane fa tra Pechino e Shanghai per pubblicizzare il porto di Trieste alle successive visite di Stato fatte in questi giorni dal ministro di Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio e dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Alla base di tutto non soltanto la “nuova via della seta” «un gigantesco progetto di Pechino per ampliare le rotte e gli scambi verso l’Europa per la quale - come ha sottolineato lo stesso Delrio ai cinesi - i nostri porti di Trieste e di Genova sono pronti», ma anche il tentativo di mettere a frutto un biennio in cui lo scalo triestino grazie alla politica per qualche verso rivoluzionaria della Torre del Lloyd, ha ricostruito tutta una nuova serie di rapporti internazionali smarriti da decenni creandosi una reputazione da prima fascia.
Presidente D’Agostino, cosa siete andati a proporre ai cinesi?
Un sistema che funziona, fatto non soltanto di infrastrutture moderne e competitive, ma anche di una serie completa di servizi intermodali con una rete di collegamenti ferroviari che si ramificano fin nel cuore dell’Europa. Le agevolazioni previste nei nostri Punti franchi caratterizzati da un particolare regime hanno già suscitato il loro interesse e potranno costituire un fattore determinante di attrattività.
C’è la possibilità dunque di incrementare i flussi di traffico tra la Cina e l’Europa attraverso Trieste?
Sicuramente, e il fatto che lo stesso Governo italiano esplicitamente e a più riprese in particolare attraverso il ministro Delrio abbia inteso promuovere esclusivamente gli scali di Trieste e di Genova ha impresso una forza tutta particolare a questa operazione diplomatica: un conto infatti è se un porto va a promuovere se stesso, un altro se ha dietro il Governo disposto a fare pressing e a creare le condizioni affinché questo avvenga. Ciò ha sortito una reazione tanto più immediata date le condizioni storico-politiche della Cina che fanno sì che quel Paese sia ancora molto legato a parametri statali.
Investitori cinesi dunque potrebbero essere interessati a intervenire direttamente all’interno dello scalo?
Abbiamo illustrato alle autorità e agli operatori le aree del porto di Trieste su cui c’è possibilità d’investire.
Ad esempio?
Forse la stessa area Teseco all’ex Aquila dove c’è un potenziale costruttore del terminal traghetti che però è ancora privo di un partner strategico. Ma pensiamo soprattutto al molo Ottavo che richiede investimenti molto sostanziosi.
Dovrebbe stagliarsi dalla Piattaforma logistica, essa stessa ancora in fase di costruzione. Siamo dunque lontanissimi anche dalla fase progettuale, sotto lo zero potremmo dire?
Niente affatto perché abbiamo già un nuovo e moderno Piano regolatore approvato e operativo che lo prevede. Una questione quindi è già risolta. Non è affatto da poco.
Tutto questo potendo contare su un sistema portuale che ingloberà anche Monfalcone. Quando l’ufficialità della nuova unione?
C’era una piccola questione da limare all’interno della formulazione del decreto. La correzione è stata fatta. Stavolta credo proprio che la settimana entrante sia quella buona per l’ufficialità dell’Authority Trieste-Monfalcone.
In quest’ottica quali misure da prendere perché la fusione sia pressoché perfetta?
Monfalcone deve fare un po’ di pulizia tra le varie aziende pubbliche alle quali fa capo lo scalo. Così è avvenuto a Trieste dove il porto ha oggi competenza anche sulle aree Ezit e sui Punti franchi e opera anche all’interno dell’Interporto di Fernetti. Per noi la moda delle esternalizzazioni è finita, si tratta di “internalizzare” per creare sinergie e maggiore competitività.
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