Trieste, da tipografo a pasticciere: addio al “mago” di Pirona

Scomparso a 84 anni Adriano De Marchi che negli anni ’80 rilevò il negozio dopo un quarto di secolo trascorso a lavorare al "Piccolo"
Adriano De Marchi con l’intera famiglia dietro il bancone del Caffè Pasticceria Pirona
Adriano De Marchi con l’intera famiglia dietro il bancone del Caffè Pasticceria Pirona

TRIESTE Da tipografo professionista a premiato pasticciere. Dai caratteri di stampa ai pasticcini. Dal quotidiano Il Piccolo di via Silvio Pellico al Caffé Pasticceria Pirona di largo Barriera Vecchia. Una carriera unica quella di Adriano De Marchi, scomparso nei giorni scorsi all’età di 84 anni. Nato a Trieste nel 1932 aveva cominciato da promessa del calcio dell’Unione quando stava in serie A. Da giovanissimo aveva militato nella Primavera della Triestina Calcio assieme al coetaneo Cesare Maldini.

Adriano De Marchi, diplomatosi tecnico poligrafico, lavora per 25 anni (dal 1958 al 1983) nella tipografia de “Il Piccolo” nella storica sede di via Silvio Pellico durante la direzione di Chino Alessi. È proprio lo storico direttore a premiarlo nel 1973 come nipote di Ezio De Marchi, uno dei tre maestri triestini irredentisti morti durante la Grande Guerra.

La conversione alla pasticceria arriva negli anni Ottanta. È verso la fine del decennio che Adriano De Marchi inizia, insieme alla sua famiglia, una vera sfida imprenditoriale. Rileva da Oscar Pirona, ultimo erede della celebre dinastia di pasticcieri, la storica Pasticceria Pirona. A fondarla proprio nel 1900 fu Alberto Pirona (come testimonia il mosaico sulla soglia di ingresso).

Alessi premia Adriano De Marchi
Alessi premia Adriano De Marchi

Una gioielleria più che una pasticceria. E non solo per i prezzi dei suoi prodotti della tradizione dolciaria triestina e austroungarica. Uno dei pochi locali rimasto intatto o quasi nel corso di più di un secolo con i suoi motivi floreali e gli originali arredi liberty. Produzione inclusa.

«Era persona riservata, ma con notevole senso dell’umorismo, soprattutto in famiglia, quella famiglia a cui ha dedicato l’intera esistenza» ricordano i figli Sergio e Cristina. Non amava la ribalta. Preferiva lavorare dietro le quinte. Prima in tipografia al Piccolo e poi nel retrobottega della Pasticceria Pirona. Non era difficile intravederlo dalla finestra del laboratorio che si apre sul locale oppure uscire ogni tanto con le “lame” pieno di caldi dolci appena sfornati.

La scelta di Adriano De Marchi è stata quella di restare fedele alla tradizione del locale. I dolci, nel rispetto delle ricette originali del pasticciere Alberto Pirona, vengono fatti a mano, cotti esclusivamente nel forno d’epoca. La tradizione è quella di derivazione austroungarica fatta di Presnitz, Putizze, pinze, Sacher Torte, Rigojanci, Kugelhupf, spitz, lettere di Mozart, fave triestine, marzapani, mandorlati oltre ai tradizionale biscotti Pirona sfornati di martedì e timbrati con l’antico sigillo.

De Marchi nel laboratorio annesso alla Pasticceria Pirona con il figlio Sergio
De Marchi nel laboratorio annesso alla Pasticceria Pirona con il figlio Sergio

Nel 1992 ha conquistato il primo premio per il miglior cioccolato in tazza nella classifica della rivista “Cioccolata e Company”. Nel 1994, nei primi anni della gestione di Adriano De Marchi, il Caffè Pasticceria Pirona entra a far parte dei “Locali storici d’Italia”. Un titolo che a Trieste condivide con i Caffè San Marco e Tommaseo e l’Antica Trattoria Suban. Pirona è sinonimo di dolcezza. La pasticceria figura persino nel vocabolario del dialetto triestino di Pinguentini, alla voce “bignè”: «Ghe telefoneremo a Pirona che el ne mandi do dozine de bignè».

Adriano De Marchi ha anche il merito di aver valorizzato la tradizione letteraria della Pasticceria Pirona: unico esempio di caffè letterario senza tavolini. A partire dal suo legame con un certo James Joyce che per un periodo ha abitato poco distante dal locale.

Joyce era un cliente abituale (adorava il Presnitz, ma soprattutto i vini e i liquori) oltre che amico del fondatore Alberto Pirona. La leggenda vuole che qui, all’estremo angolo destro del bancone della pasticceria, Joyce scrisse le prime pagine dell’Ulisse. In piedi. Saltando virgole e punti. Al bando la punteggiatura. Il massimo per un tipografo pasticciere.

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