Trieste, da clivo Artemisio si alza l'appello per la messa in sicurezza della strada: «Lavori anti frana e bus»

I residenti chiedono al Comune di intervenire nel tratto del cedimento di oltre dieci anni fa e poi un collegamento con il centro città 
Il cedimento della carreggiata: il punto esatto del crollo è delimitato dai new jersey bianchi e rossi. Fotoservizio di Francesco Bruni
Il cedimento della carreggiata: il punto esatto del crollo è delimitato dai new jersey bianchi e rossi. Fotoservizio di Francesco Bruni

TRIESTE Chiedono la messa in sicurezza della strada, una fermata dell’autobus e l’installazione di presidi per ridurre la velocità dei veicoli dei “furbetti” che la usano come scorciatoia. Clivo Artemisio è la strada che collega via Alfonso Valerio con la parte finale di via Baiardi che sbuca in Strada Nuova per Opicina. Una impervia salita nel primo tratto in asfalto e poi, vista la pendenza importante, in pavé, da cui partono altre due strade, via Calpurnio e via Fleming, in un dedalo di sterrati e passeggiate che si snodano sul monte Valerio dietro all’università.

«Una volta eravamo in tanti – racconta Gianfranco Cermelj –, ora molte case sono vuote. Succede in altre zone della città, qua è però più sentito il fenomeno in quanto non ci sono mezzi pubblici e quindi, soprattutto gli anziani, sono costretti a migrare verso il centro. La nettezza urbana passa spesso, però molto è fatto anche da noi residenti che magari tagliamo l’erba, se troppo alta, o buttiamo il sale in inverno per evitare che la strada si ghiacci». Mario, decano della zona che chiede di pubblicare solo il nome, conferma di sentirsi abbandonato: «Quando c’è neve o ghiaccio qua non passa nessuno del Comune». Se l’arrivo della bella stagione inevitabilmente fa passare in secondo piano il rischio gelate, a far arrabbiare i residenti è la situazione di Clivo Artemisio nella parte iniziale, dove una frana decennale ha fatto crollare un pezzo di strada. «La preoccupazione – spiega Mario – è che possa crollare del tutto visto che le piogge stanno erodendo la parte sottostante. Qua c’è un terreno orizzontale, lo so perché ho costruito la mia casa, e con le piogge e il ghiaccio il rischio è che si frantumi ancora di più. Non so bene se sia una zona di proprietà del Comune, dell’Università o di privati, però così non si può andare avanti perché qualcuno rischia di farsi male».

La frana risale a più di dieci anni fa e da allora, oltre al posizionamento di alcuni new jersey – denunciano i residenti –, nulla è stato fatto. L’assessore comunale ai Lavori pubblici Elisa Lodi conferma di come l’amministrazione sia a conoscenza della situazione. «Sono al lavoro con gli uffici per reperire le risorse necessarie, parliamo di circa 250 mila euro, per l’opera di ripristino. La situazione è così da troppi anni e noi vogliamo risolverla».

Al problema frana, in un punto dove peraltro qualcuno nei giorni scorsi ha anche gettato delle porte, si aggiunge quello dei “furbetti” che usano clivo Artemisio come scorciatoia per arrivare in città nonostante sia vietata la svolta per chi scende da Opicina. «Prima del pavé – racconta Bruno Hussu – c’è una specie di marciapiede ma è tutto dissestato. Qua vengono giù abbastanza veloci, nonostante i cartelli messi ancora da Roberto Cosolini, ed è pericoloso. Inoltre molti usano i nostri cassonetti dei rifiuti, fra l’altro se ne potrebbe aggiungere uno per le sterpaglie visto che li hanno messi in via Valerio dove servono a poco. Ho chiesto al sindaco anche un collegamento con l’autobus, basterebbe fino a via Fleming, con un mezzo piccolo, giusto per aiutare i più anziani ed evitare di avere pedoni che camminano sulla strada».

Proprio in via Fleming ha sede il circolo culturale Svetko Pecar, oggi chiuso causa emergenza Covid, spiega Fabrizio Salvi che abita poco distante ed è presente in sede per dare da mangiare ad Ika, il gatto padrone di casa. «Quelli dei mezzi pubblici e della frana sono i problemi maggiori, qua si vive bene ma siamo un po’ abbandonati. Sono anni che sentiamo parlare di lavori ma nulla si è mosso». «Come sempre quando il bacino è piccolo l’interesse è scarso – attacca invece Stefano Radoicovich – e come periferie siamo sempre abbandonati. La strada è pericolosa e andrebbe messa in sicurezza prima che qualcuno si faccia male seriamente». —


 

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