Trieste, Crepaldi: le nozze gay non sono famiglia
TRIESTE. Segnale del decadimento della classe politica di matrice cattolica e il conseguente dovere di rivedere la formazione del laico in vista di nuove battaglie sociali. L'arcivescovo Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste, non ha dubbi e colloca sotto la voce "fallimento" la recente approvazione della legge sulle unioni civili, una svolta etico/politica che sfocia dopo un probante banco di prova della coesione dei cattolici in politica.
L'accusa del vescovo di Trieste risulta secca, diretta, e matura pubblicamente nel corso dell'intervento di apertura tenuto nell'aula magna del seminario vescovile del capoluogo in occasione della conclusione della Scuola di dottrina sociale della chiesa, iniziativa avviata lo scorso anno in marzo e che ha coinvolto - in un percorso scandito da 14 lezioni e due sessioni - un centinaio circa di iscritti, di cui una quarantina impegnati nella formazione a distanza.
Già, la formazione. A rendere inconsistente la caratura del cattolico impegnato in politica sarebbe per monsignor Crepaldi proprio la fragilità della preparazione, tema che tra intrecci e opportunità avrebbe favorito la votazione sulla Cirinnà: «Durante la votazione a Palazzo Madama abbiamo assistito a molti atteggiamenti indecorosi da parte di molti senatori cattolici, visto che di "cattolici senatori" credo non ce ne siano più» ha sottolineato l'arcivescovo.
«Davanti a questa situazione bisogna che ci parliamo chiaramente, in quanto la legge appena approvata contraddice fondamentali principi della legge morale naturale. L'esigenza insopprimibile che il cattolico impegnato in politica non deluda le richieste della legge morale naturale fa parte integrante della dottrina della nostra fede e pensare che i dieci comandamenti - ha ribadito Crepaldi - possano essere messi da parte in politica, distorce la dottrina della fede cattolica».
Il vescovo Crepaldi ha poi rincarato la dose: «Chi oggi accetta le unioni civili omosessuali e le equipara alla famiglia, commette una grave ingiustizia e si prepara a commetterne altre in futuro. Non facciamoci ingannare! - ha tuonato - chi sposta oggi in avanti il limite del lecito, domani lo sposterà ancora più avanti, e così via. Se è nelle nostre mani infrangere oggi un principio della legge morale naturale, non si capisce perché non possa essere nelle nostre mani infrangerne un altro domani.
In questo modo si avvia un processo che si fermerà solo a un punto - ha proseguito l'arcivescovo nel corso del suo intervento - quando saranno resi non negoziabili i principi contrari a quelli non negoziabili, quando diventerà obbligatorio non rispettare i principi della legge morale naturale, ma a quel punto, però, il sistema totalitario sarà completato».
In tale ottica, secondo l'analisi del vescovo di Trieste, il cattolico dovrebbe far ritorno sui banchi di scuola, letteralmente, e attingere da dettami tradizionali, nuovi testi e antichi ideali, (ri)disegnati tra fede e criteri morali: «A cosa serve formare dei cattolici in modo generico e debole e dover poi sopportare il loro "sì" a leggi pessime?- ha rimarcato monsignor Crepaldi - Dobbiamo formare infatti dei cattolici che in politica non solo non producano danni ma che costruiscano del bene e non si tirino indietro quando c'è da sacrificare qualcosa di proprio».
L'intensa prolusione dell'arcivescovo ha quasi posto in secondo piano gli altri temi che caratterizzavano l'incontro nella sede del Seminario vescovile, tra i quali la presentazione del VII Rapporto sulla dottrina sociale della chiesa nel mondo, redatto dall'Osservatorio Internazionale "Cardinale Van Thuan", documento quest'anno incentrato sulla questione "Guerre di religione, guerre alla religione" e accompagnato dalla relazione della giornalista e antropologa, Anna Bono.
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