Trieste, Costim racconta il Porto Vecchio: «Apriremo in città e dialogheremo»
Architetti protagonisti a Why Trieste, il forum di Gabetti con il Piccolo: «Dobbiamo governare il boom turistico». Palazzo Carciotti a Generali, traguardo a dicembre
Dialogo con le istituzioni e i cittadini, gradualità degli interventi. I principi che guideranno la realizzazione di Porto Vecchio-Porto Vivo – se la gara ufficializzerà l’affidamento in partenariato a Costim – avranno come perno la «flessibilità» e il «confronto con tutti», stando alle dichiarazioni dell’amministratore delegato della società bergamasca, Davide Albertini Petroni. Il quale, per la prima volta, ha illustrato pubblicamente la sua proposta, a distanza di poche ore dalla seduta del Consiglio comunale che ne ha approvato la fattibilità.
Rigenerazione urbana
L’occasione per l’intervento di Petroni – così come degli artefici dei cinque più importanti progetti di rigenerazione urbana all’interno del territorio giuliano – è stata il forum Why Trieste. Una nuova geografia per la città, promosso da Il Piccolo e Nord Est Multimedia (il gruppo che edita anche questo giornale) assieme a Gabetti Property Solutions. Le attesissime parole dell’amministratore delegato di Costim sono state solo uno dei tanti passaggi significativi e inediti che hanno scandito il pomeriggio di ieri, restituendo una istantanea vivida dei cambiamenti in corso a Trieste. E di quale sia – o possa essere – la loro direzione.
Il progetto di Trieste
«Sentiamo forte la responsabilità di partecipare a questo progetto, che è il progetto di Trieste», esordisce Petroni, ricordando subito dopo l’esperienza maturata da Costim, che fa della rigenerazione urbana il suo core business. E proprio su questo aspetto insiste Petroni: «Il nostro non è un progetto di sviluppo immobiliare, la creazione di valore dev’essere duratura nel tempo», continua l’ad. Significa, innanzitutto, che i 66 ettari verranno ridisegnati «per fasi», adattando gli interventi «sulla base del cambiamento della domanda». Perché «non è un progetto che si fa in tre anni, ma in dieci, quindici anni», ribadisce ancora Petroni.
Da Porto Vecchio a Porto Vivo
Per Costim il cuore di Porto Vecchio-Porto Vivo – il cui nome potrebbe cambiare di qui ai prossimi anni – non sarà in ogni caso il suo profilo architettonico, non ci sarà una realizzazione-simbolo. Perché «i diciannove edifici sono in buono stato di conservazione» e soprattutto perché il focus si concentrerà sugli spazi comuni, efficaci per la vita della comunità: «Viale e lungomare dovranno avere quella centralità per trasformare il sito in un luogo conosciuto anche all’estero». E aggiunge che, da questo punto di vista, fondamentale sarà «l’inclusione sociale», sia «dentro al progetto» sia «nel dialogo con la città». La parola “dialogo” è un concetto, o un messaggio, ricorrente. Alla domanda di Fabrizio Brancoli, vicedirettore di Nem con delega al Piccolo, su quali possano essere le modalità di questo dialogo, Petroni risponde: «Intanto aprendo un ufficio a Trieste».
Palazzo Carciotti
La pur prioritaria partita di Porto Vecchio è stata solo un capitolo della giornata di ieri. Prima degli interventi degli investitori e degli architetti che hanno scelto di puntare sul capoluogo giuliano, era stato il turno dei rappresentanti istituzionali, del settore pubblico e privato. A prendere la scena il sindaco Dipiazza, sollecitato dalle domande di Brancoli. Sulla cessione di Palazzo Carciotti, ad esempio, il primo cittadino risponde: «Chi meglio delle Generali potrebbe farci un investimento? Quella era la loro sede storica. Se dovessero prenderlo, vedremmo qualcosa di interessante». Accenna anche a una galleria commerciale. Accanto a lui c’è Fabiana Zanchi, head of property service di Generali, che spiega: «Questa partita si chiuderà a dicembre, vedremo cosa succederà». Zanchi sottolinea anche l’intervento all’ex Stock con spazi per nuove esigenze lavorative.
Le esigenze dell’Università
Un altro scambio di battute con Dipiazza ha visto al centro l’esigenza di spazi dell’Università di Trieste, sollevata dalla delegata del rettore all’Edilizia, professoressa Ilaria Garofolo. «La Regione sposterà mille dipendenti in Porto Vecchio, lasciando libere le attuali sedi – dice il sindaco –. Per l’ateneo potrebbe aprirsi una opportunità nel rione di San Giovanni, dove appunto ora c’è la Regione». Garofolo prende appunti, dopo che lei stessa aveva affermato: «Dobbiamo sistemare in una nuova collocazione intorno ai 2 mila studenti, pari a una richiesta di 25 mila mq per nuove aule».
Gli altri progetti
E gli altri progetti di rigenerazione urbana? In termini di spunti c’è solo l’imbarazzo della scelta, tanto che il pubblico spesso reagisce con espressioni di sorpresa. Strappa gli applausi della sala l’intervento di Luciano Parenti, l’architetto dietro al restauro dell’ex palazzo delle Ferrovie in piazza Vittorio Veneto: «Per evitare le esperienze negative, sullo stile Venezia o Firenze, la trasformazione va governata». E, spiegando il suo ragionamento, ricorre a una metafora: «La città è come un corpo umano, le funzioni devono essere in equilibrio. Se una cresce troppo, atrofizza l’altra».
Il recupero dei Giardini del Borgo
Altri punti andrebbero ricordati. Come la possibilità di recuperare, attraverso la rigenerazione urbana, un tratto specifico di un edificio andato perduto da decenni: è il caso dei Giardini del Borgo, illustrato da Piero Corradin, che consentirà di riportare in vita gli spazi verdi all’interno del complesso di via Gambini, un tempo destinato a un orfanotrofio e ora trasformato in un’area residenziale. Ma la conclusione, valida per ogni progetto del genere, la trae Alessandro Lombardo del Gruppo Gabetti, accompagnato dal vicedirettore di Nem con delega all’Economia Luca Piana: «Il modo migliore per governare il cambiamento è assecondarlo, dando a ciascuno il giusto spazio
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