Trieste, «Corsi di sloveno tra le materie di studio delle scuole italiane»

Il ministro Fedeli a Trieste: «Pronti a superare ogni ostacolo». New entry equiparata all’inglese come seconda lingua straniera
Silvano Trieste 04/09/2017 Il Ministro Valeria Fedeli in visita all'Istituto Nautico
Silvano Trieste 04/09/2017 Il Ministro Valeria Fedeli in visita all'Istituto Nautico

TRIESTE. Non solo il francese, il tedesco o lo spagnolo, ma anche lo sloveno dovrà entrare a pieno titolo tra le possibilità d’insegnamento nelle scuole triestine e della regione come seconda lingua straniera. Tanto alle elementari quanto alle medie e alle superiori. L’impulso a superare tutti gli ostacoli che non permettono ancora l’inserimento della materia nella didattica degli studenti, nonostante le normative lo consentano, arriva direttamente dal ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, ieri ospite al Teatro stabile di via Petronio, a Trieste, per il Seminario di lingua e cultura slovena. Fedeli ne ha accennato parlando alla platea. Poi, a margine, ha chiarito che l’opportunità va accolta «laddove i genitori lo chiedano come seconda lingua».

Un problema, dunque, «che dobbiamo affrontare perché adesso qualche difficoltà c’è. Qualche difficoltà - ha sottolineato - probabilmente anche in termini di capacità di costruire clima e merito. Però la cosa importante è questa: l’insegnamento dobbiamo portarlo là dove ci sono i genitori che te lo chiedono. Ripeto: secondo me l'aspetto fondamentale è chiarire l’origine della domanda».

«Proposta assurda. Impararlo è inutile»
Sandra Savino


Nel suo intervento di saluto - il primo di un ministro dell’Istruzione italiano alla comunità slovena di Trieste e del Friuli Venezia Giulia - Fedeli ha voluto innanzitutto ricordare che «il rapporto tra Slovenia e Italia è l'esempio di una società che integra le diversità culturali, per essere più ricca e più giusta, soprattutto per le giovani generazioni». Ma è l’inserimento della lingua nella didattica che interroga ora l’apparato organizzativo di presidi e dirigenti. Lo sloveno, negli istituti italiani, in realtà sarebbe già previsto, ma attualmente nel territorio provinciale compare soltanto in due scuole medie, in quella di Muggia a Melara. «Esiste dal 2009 ma soltanto come sperimentazione», ha spiegato la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale Alida Misso.

Il motivo? Mancano gli insegnanti. O, meglio, il concorso per i professori. «Non è ancora inserito a sistema - ha puntualizzato la direttrice - quindi in effetti c’è un problema di reclutamento dei docenti che io mi sto impegnando a risolvere. È un peccato, perché è una ricchezza, ma ci stiamo lavorando. È mia intenzione affrontare il tema con la direzione degli ordinamenti che si occupa proprio dell’offerta didattica. Lo farò in queste settimane. Quindi - ha aggiunto la funzionaria - dopo tanti anni di sperimentazione cercheremo di fare in modo di arrivare al più presto a una soluzione, anche perché proprio il ministro si è pronunciato in questa direzione. Lo sloveno, come seconda lingua comunitaria, dovrà quindi diventare strutturale. Dobbiamo assolutamente valorizzare questa ricchezza».

Non è ancora chiaro per quanti docenti potrebbero aprirsi opportunità di insegnamento. Stime che l’Ufficio scolastico regionale intende preparare nei prossimi giorni in modo da avere un quadro esatto. Anche perché, a sentire la Regione, l’opzione dovrebbe riguardare non solo le medie, ma pure le elementari e le superiori. «C’è la possibilità di inserire lo sloveno come seconda lingua comunitaria - ha confermato l’assessore regionale con delega all’Istruzione Loredana Panariti - prevedendo cattedre e un’organizzazione ad hoc. Ci sono già esperienze di questo tipo a Trieste e a Muggia».

L’assessore ne parlerà con la rappresentante del governo già nei prossimi giorni, per la precisione il 13 settembre. «Ho intenzione di ragionare con il ministro Fedeli e chiarire ancora alcuni elementi che possono permettere, laddove ci sia la richiesta, di introdurre lo sloveno. Si potrà scegliere, evidentemente. Ricordo che ci sono alcune scuole che propongono anche la seconda lingua comunitaria, dando la possibilità ai genitori di scegliere. La seconda lingua - ha rilevato ancora Panariti - non è obbligatoria per tutti gli istituti, anche se a mio avviso ormai bisognerebbe andare in quella direzione. Per quanto riguarda lo sloveno, ritengo che impararlo ampli le opportunità culturali di conoscenza dei nostro vicino di casa e del compagno di banco. E questo - ha concluso l’esponente della giunta Serracchiani -, in una regione multilingue come il Friuli Venezia Giulia, è fondamentale».

Soddisfatta Tamara Blažina, deputata Pd, che ieri ha seguito l’intervento del ministro dell’Istruzione al Teatro Stabile sloveno di via Petronio. «Ovviamente stiamo parlando di un’opportunità che poggia sulla scelta dei genitori - ha osservato l’esponente dem -. Infatti ci sono famiglie che, in alcune scuole, già sollecitano questa opportunità. Come noto qualcosa a Trieste è già stato avviato da quando la Slovenia è entrata nell’Unione europea. Al momento - prosegue - ci sono soltanto problemi di carattere tecnico e sindacale, perché la decisione su cosa studiare in aula comporta anche l’individuazione del docente e ci vogliono concorsi. Per lo sloveno nelle scuole italiane, ricordo, c’è una classe di insegnamento specifica, per cui stiamo parlando di una possibilità importante che deve in qualche modo trovare tutte le modalità corrette per non creare criticità. D’altronde - ha concluso la parlamentare eletta nelle fila del Partito democratico - lo sloveno non è solo la lingua della minoranza ma del territorio».
 

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